Quand’eravamo più forti dei tedeschi

di MICHELE BRAMBILLA

Italia-Germania 4-3, giocata cinquant’anni fa, non fu soltanto “la partita del secolo”, come ricorda la targa cementata allo stadio Azteca di Città del Messico, dove azzurri e tedeschi si diedero battaglia per centoventi indimenticabili minuti. Non fu soltanto una partita di calcio, e tantomeno è rimasta una partita di calcio nella memoria degli italiani. Fu il nostro primo, vero, grande riscatto nazionale dopo la tragedia della guerra. Più delle vittorie di Coppi e Bartali, più delle Olimpiadi di Roma del 1960. 

Infatti fu la prima volta che gli italiani si riversarono nelle piazze per festeggiare una vittoria in una partita di calcio. Proprio perché non era, appunto, solo una partita di calcio.

Come molti di coloro che ora staranno leggendo, ero, in quella magica notte, un bambino. Mio padre, che votava a destra e non sapeva nulla di calcio, era felice perché – disse guardando dalla finestra – “erano decenni che non si vedevano sventolare tante bandiere italiane”. Il tricolore, infatti, non era allora di gran moda. Troppo associato al mito del nazionalismo. Sulle schede elettorali lo esibivano solo il Pli di Malagodi e il Msi di Almirante; il Pci lo “citava“ di striscio, nascondendolo sotto la bandiera rossa, quasi vergognandosene un po’. Mio nonno, che era invece di sinistra e anch’egli non sapeva nulla di calcio, era felice perché avevamo battuto i tedeschi, che durante la guerra non l’avevano trattato molto bene.

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