“Il Governo annuncia perché non sa fare”. Intervista ad Angelo Panebianco
Per uscire dall’impasse attuale, “dovrebbe essere il Governo a fare un’offerta di cambiamento al Parlamento, e questo discuterla”.
Non si tratta nemmeno, come tanti dicono, dell’effetto dello svuotamento del ruolo delle due Camere, anche perché, sottolinea il politologo, “le assemblee non sono mai state in grado di fare le riforme”. Esse “hanno la funzione, in nome del principio di rappresentanza, di dire ‘Sì, il piano va bene’ oppure ‘No, non va bene’. Quindi dove sta il nodo è tutto nel rapporto Governo-Parlamento, che pare non stia funzionando”.
Quanto appunto a Camera e Senato, che effettivamente sembrano essere passati in secondo piano nel meccanismo legislativo – alcuni dicono per un eccesso di decretazione – Panebianco rileva “un’operazione politico-culturale di svalutazione, con chi si appellava alla democrazia diretta”, con massima espressione “nel modo in cui è stato tagliato il numero dei parlamentari”. Presentato come qualcosa che “avrebbe dovuto far risparmiare i soldi allo Stato”, in realtà è stata “un’operazione ideologica anti-casta con conseguenze disfunzionali”. Sarebbe dovuto avvenire “in un quadro più ampio” e invece “su questa si è andata a innestare la pandemia, che ha creato una situazione di emergenza che inevitabilmente è una temporanea centralizzazione del potere”. Fatto inevitabile, secondo il politologo, “perché come in guerra è necessario che siano in pochi a decidere”. La somma di questi due accadimenti ha messo il Parlamento in ombra, ma una volta passata l’emergenza è probabile che “i gruppi parlamentari di maggioranza pretendano di nuovo di avere un ruolo”, in quanto è difficile che “il Governo riesca a mantenere il Parlamento così lontano da sé come se fossero due estranei”.
A livello di legge elettorale, dice ancora Panebianco, tutto fa pensare che “si andrà verso la legge elettorale proporzionale pura”. In questo momento abbiamo un “sistema ibrido che in realtà funziona come maggioritario, ma gli effetti sono proporzionali”, tanto è vero che le maggioranze si formano in Parlamento. “Noi siamo tornati alla vecchia logica per cui non sono gli schieramenti in campagna elettorale che decidono chi sarà al Governo, ma viene deciso successivamente”. Quella è la direzione, secondo Panebianco, anche se con il taglio del numero dei parlamentari, per cui si attende il referendum di settembre, “ci sarà un effetto correttivo introducendo un elemento di disproporzionalità”. Quando si parla di sistemi elettorali, avverte il professore, “quello che conta sono i dettagli e per il momento non li conosciamo”. Ciò che è sicuro, è che, se si andasse verso il proporzionale puro, dovremmo abituarci a figure come Giuseppe Conte, “premier mediatori, i più adatti a dinamiche proporzionali”. Una figura che alcuni associano ai vecchi leader democristiani, peccato che “la Dc avesse una tradizione, culture politiche dietro, tradizioni riconoscibili”. Oggi chi svolge la funzione del mediatore, Conte appunto, “non è detto che abbia un’origine netta e chiara come i leader della Dc”. In un contesto del genere diventa difficile anche parlare nettamente di destra e sinistra, se si pensa che “c’è addirittura un filone del Pd che ha deciso che i 5 stelle sono di sinistra e che quindi possono allearsi con loro”.
L’HUFFPOST
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