La rotta non serve se nessuno guida
La giostra deve ripartire quindi inevitabilmente dal via, da quel Parlamento che quattro mesi fa fu esautorato di ogni potere (non che prima fosse propriamente in palla) in nome appunto di virologi e pianologi. Il che non sarebbe neppure un male se non fosse che parliamo di un Parlamento Vietnam, il meno qualificato e preparato di sempre e per nulla rappresentativo degli umori degli elettori che nelle urne avevano indicato ben altro scenario.
Continuiamo a compilare ricette che indicano meravigliose strade da percorrere (domani partono gli «stati generali dell’economia», altra genialata di Conte per comperare tempo), ma non abbiamo una macchina politica in grado di arrivare a destinazione e forse neppure al primo autogrill. Più che al nuovo Ponte Morandi per intenderci questa ripartenza mi sembra simile al Ponte sullo Stretto di Messina, cioè un’opera faraonica per la quale negli anni sono stati spesi milioni di parole e decine di progetti ma che, purtroppo, non vedrà mai la luce. E almeno allo stato delle cose questo non è pessimismo ma realismo.
IL GIORNALE
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