Giuseppe Conte, giù dal red carpet

Perché poi, proprio così, proprio ora, la cosa attesta che qualcosa è cambiato. Ecco la scena che turba la quiete di un ordinario consiglio dei ministri di un ordinario giovedì pomeriggio. Voi capite, Giuseppe Conte è con la testa altrove: gli Stati Generali, gli ospiti da confermare, pare ci sia qualche problema con la Lagarde e poi le iene dattilografe, chiamate per inondare i giornali di non indimenticabili interviste. E i giudici il giorno dopo, la cui presenza a palazzo Chigi inquieterebbe anche le coscienze più olimpiche.

L’aria è questa, quando Franceschini, senza una parola fuori posto, senza un sussulto della voce, con disinvoltura, chiede, anzi chiede di mettere a verbale che vengano ridiscussi i decreti sicurezza in una riunione con i capi delegazione della maggioranza. Già la prossima settimana. Il premier, colto impreparato, ricorre a un metodo consolidato: “Sì, certo, andrà fatta una discussione politica, quando il ministro Lamorgese sarà pronto”. Finora ha funzionato, prendere tempo per evitare di affrontare i nodi di fondo.

Inevitabilmente gli occhi di tutti si rivolgono verso la mite titolare del Viminale che, senza scomporsi, si dice pronta, perché da tempo ha recepito le modifiche chieste dal capo dello Stato e non solo. Se nei verbali del cdm si annotassero anche i silenzi, il cronista troverebbe scritto: “Non una parola dai ministri Cinque stelle”. Invece trova verbalizzata un’altra richiesta, sempre da parte del capodelegazione del Pd: “È necessaria una presa di posizione pubblica sulla questione Regeni, perché un conto è la vendita di navi all’Egitto, altro è la ricerca della verità”. Stavolta il premier è più pronto: “Ho sempre messo Giulio Regeni al centro delle mie richieste. Ne parlerò alla commissione competente”. Però, anche in questo caso, resta agli atti una richiesta, che squaderna sul tavolo la questione.

E allora, ricapitoliamo. I fatti, solo i fatti dell’ultima settimana: la contrarietà del Pd agli Stati generali, la richiesta di una “svolta”, adesso l’urgenza di discutere ciò che è stato rimosso per mesi per quieto vivere, perché investe la natura stessa del governo, intesa come discontinuità rispetto al precedente (ricordate? La foto di Conte con Salvini col cartello #decretosalvini, sicurezza e immigrazione: un simbolo di un’epoca come il balcone da cui fu abolita la povertà).

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