Calunnia Capitale
Io me la ricordo la desolante eccitazione del giorno d’apertura del processo di Mafia capitale. Me la ricordo la calca, la moltitudine, l’abbordaggio dei cronisti stranieri, sfrenati, eccitati all’idea di corrispondenze dalla Corleone globale per New York o Londra o Berlino. Avevano in testa Mario Puzo, quelle fascinose suggestioni, e dunque un Marlon Brando con le grinfie allungate sul Campidoglio, dunque sull’ombelico del mondo, sull’epicentro favoloso della civiltà occidentale. Ridotto a una cosca. C’era di meglio su cui pasteggiare all’ora dell’entertainment, della nostra vita civile e politica appaltata a un business plan stile Netflix?
Se ne andarono un po’ delusi, perché ancora, talvolta, in qualche carruggio di resistenza, la vita civile e politica non cede all’adescamento dello show calibrato sulla potenzialità media dei succhi gastrici: fu una lunga, protocollare, noiosissima udienza di incardinamento del processo, non ci furono confronti all’americana, doppiopetti gessati, sigari cubani, coppole, allusioni luciferine, valigie di soldi, rinvenimenti d’esplosivi, donnine in giarrettiera, mitra col caricatore rotondo, niente di niente. Il plot delle loro speranze se ne andò a puttane.
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