Giustizia, Di Matteo: “Le correnti? Metodo mafioso seguire l’appartenenza per le nomine”
di LIANA MILELLA
ROMA –
Nino Di Matteo a 360 gradi sulle correnti della magistratura per il
metodo “mafioso” utilizzato nelle nomine, sulle “devastanti”
scarcerazioni dei mafiosi avvenute tra marzo e aprile, sulla solitudine
sua e dei suoi colleghi dopo le accuse subite per il processo Stato
mafia.
Drastico il suo giudizio su Cosa nostra che “fa politica”. Tant’è che
Riina, come riferisce Di Matteo durante l’intervista con Massimo Giletti
a “Non è l’arena”, dice ai suoi: “Se non avessimo avuto i rapporti con
la politica saremmo stati una banda di sciacalli”, cioè, chiosa l’ex pm
di Palermo, “dei criminali comuni, e ci avrebbero già azzerato”.
Nessuna risposta invece sulla querelle a proposito dell’incarico di
direttore del Dap nel 2018 che lo ha portato allo scontro con il
ministro della Giustizia Alfonso Bonafede perché, dice Di Matteo, di
quello “parlerò in una sede istituzionale”, e cioè giovedi alle 14 di
fronte alla commissione parlamentare Antimafia che lo ha convocato.
Carceri, Di Matteo accusa Bonafede: “Mia nomina a Dap avrebbe scontentato i mafiosi”. Il ministro: “Ipotesi infondata e infamante”
di LIANA MILELLA
Il Csm e le correnti come la mafia
Di Matteo ripete quanto aveva già detto a novembre dell’anno scorso, nella sede dell’Anm, presentando se stesso e la sua candidatura per le elezioni suppletive dell’Anm dopo le dimissioni di cinque consiglieri a seguito dell’inchiesta di Perugia per corruzione sull’ex pm Luca Palamara. “Lo dissi, lo ridirei e lo affermo anche oggi – dice Di Matteo – e cioè che privilegiare nelle scelte che riguardano la carriera di un magistrato il criterio dell’appartenenza a una corrente o a una cordata di magistrati è molto simile all’applicazione del metodo mafioso”. Una dichiarazione che già otto mesi fa provocò una durissima reazione.
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