M5s, tacchini in fuga
C’è un altro elemento che l’uscita dell’ex deputato romano ha messo in copertina: il ruolo di Conte nel Movimento che verrà. Consiglieri e uomini vicini al capo del Governo che fino a ieri cavalcavano alacremente i sondaggi per i quali con il premier M5s sarebbe potuto tornare a percentuali di prima della presa del potere, oggi tacciono. Lo stesso presidente, che mai aveva fatto mistero di essere a disposizione per il proprio paese alla fine dell’esperienza a Palazzo Chigi, durante il punto finale della giornata degli Stati generali si è schernito: “Ho un’occupazione. Lo dico a quanti elaborano sondaggi inserendo la figura di Conte. Lo dico anche ai compagni di viaggio. Domani se terminerò di prestare questo servizio e tornassi a fare quello che facevo prima sarei contentissimo”. L’intervento di Di Battista lo ha costretto inoltre a altre due precisazioni. Sul Mes la posizione attendista ha virato verso un più netto “come governo non abbiamo necessità di attivare il Mes”, proprio negli stessi minuti in cui Paolo Gentiloni sosteneva l’esatto contrario. E su Grillo è stato secco: “Non l’ho sentito”.
Il riferimento al fondatore ci riporta dentro la pugna per il M5s che verrà. L’intervento dell’ex comico è stato pensato anzitutto per stabilizzare fughe in avanti e sterilizzare chiunque pensi che i 5 stelle debbano prendere altre strade prima della fine della legislatura (ma anche dopo) che non siano proseguire nel rapporto con il Pd. Ma di fatto hanno aperto a una stagione di confronti, contrasti e polemiche che andrà avanti da oggi almeno fino a fine ottobre. “Se Di Battista diventa capo politico il governo rischia di cadere. Se vince la linea di Conte e di Fico, quella di un collocamento nel campo del centrosinistra, Alessandro se ne va e il governo rischia di cadere”, spiega un parlamentare. C’è sempre l’opzione Luigi Di Maio, che in queste ore ha avuto contatti con lo stesso Grillo. Il ministro degli Esteri nelle ultime 48 ore è stato bombardato di telefonate. Chi lo ha sentito spiega che “Luigi negli ultimi tempi ha avuto un po’ di freddezza con Conte. Lui non ha mai voluto il governo con il Pd, Conte con Beppe è stato un sostenitore, ma alla fine governano assieme. Entrambi cercheranno di arginare Di Battista, e poi se la vedranno più in là”.
Lo spettro della scissione ritorna d’attualità, eterno tema carsico nella storia pentastellata, che ciclicamente ritorna d’attualità. Mai con questa concretezza. Certo a ottobre, alle assise 5 stelle, non oggi. Ma ci si deve iniziare a fare i conti. L’onorevole Giorgio Trizzino implora di “non trasformare questa discussione in una guerra tra bande”, ma i buoi sono già scappati dalle stalle. Un suo collega non vuol sentire parlare di scissione ma solo perché “per fare scissioni devi avere delle correnti che abbiano strutture, idee diverse. Le correnti hanno una dignità, noi non abbiamo correnti, solo personalismi”. Nel gruppo parlamentare c’è chi spinge per un ritorno di Grillo: il fondatore che torna a fare il capo politico fino alle elezioni, poi si vedrà. Chi ha confidenza con l’uomo dice tuttavia che l’uomo esclude fortemente il ritorno, e a parte qualche intemerata non ha intenzione alcuna di ributtarsi nella mischia.
L’ipotesi prevalente su cui ragionano i colonnelli è invece un’altra. Strutturare il congresso M5s su temi e proposte non concorrenti, senza voti divisivi. E archiviare il modello con il capo politico per sostituirlo con un Direttorio in cui inserire tutte le anime, da Di Battista a Di Maio, dalla Taverna a Patuanelli passando per Chiara Appendino. Uno dei massimi esponenti pentastellati spiega che ”è questo l’unico modo di evitare una scissione che adesso no, ma in autunno rischia di lacerarci”. Non la migliore soluzione ma, continua la stessa fonte, “la domanda non è se funziona, la domanda è come tenere insieme tutti i pezzi”.
Di Battista continua a ripetere di “non volere nessuna scissione, voglio rinforzare il Movimento”, e liquida l’attacco di Grillo con un “amen”. A volerla assi invece, due grandi ex. Da destra Gianluigi Paragone ha teso la mano all’amico Alessandro: “Sono pronto a lanciare un partito antisistema. Grillo lo ha stoppato con atteggiamento padronale, ormai M5s è centrosinistra, con Conte leader”. Proprio quel che va a genio, al contrario, a Lorenzo Fioramonti, che sta lavorando a una sua formazione progressista e ambientalista, rilanciata proprio in queste ore. Piccoli poli, che nel tradizionale sgranarsi del rosario delle fuoriuscite potrebbero essere attrattive per chi vorrà tentare strade alternative. Sempre considerando, tuttavia, che la pancia del gruppo parlamentare è profondamente governista. La resilienza di deputati e senatori nel tenersi lo scranno è il collante che finora ha permesso alle 5 stelle di non schiantarsi sulla dura terra.
L’HUFFPOST
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