Sala: «Scuola, situazione assurda non avere la data del rientro a settembre»

Si sono create ulteriori diseguaglianze?
«Assolutamente sì. Ci pensa già la vita a creare diseguaglianze, facciamo almeno in modo che non si creino da subito. Bisogna dare pari opportunità a tutti. Do per scontato che il governo cerchi di fare il meglio, però è chiaro che i Paesi competono tra loro e nella stragrande maggioranza dei casi la pausa scolastica dovuta alla pandemia non è stata lunga come in Italia. Noi non sappiamo con certezza nemmeno quando si apre. Anche questo comporterà uno svantaggio competitivo rispetto agli altri, e non mi riferisco a puri fattori economici».

Cosa chiede al governo?
«Aprire la scuola è anche una scelta politica. Non solo tecnica. Capisco che la mia regione è un territorio particolarmente funestato dalla pandemia, però qualcuno mi dovrebbe spiegare perché in Francia aprono il 22 giugno per i ragazzi fino a 15 anni e una serie di regioni italiane, praticamente non toccate dalla pandemia, non riaprono. Questa idea per cui “lo dice la scienza” e quindi si ributta la decisione sui tecnici non mi convince».

Il problema è che tecnici o politici, quella che manca è la decisione finale.
«Da quello che mi risulta la task force di Colao non è intervenuta sul sistema scuola perché c’è una task force che dipende direttamente dal ministero dell’Istruzione e dalla ministra Azzolina. Resta il fatto che i temi di cui si è occupato Colao sono diventati pubblici, mentre della task force del ministero non si sa ancora nulla. Aggiungo un altro elemento».

Quale?
«Non ci provino proprio a riaprire le scuole solo dopo le elezioni se si faranno il 20 settembre. Esistono altre soluzioni. Ad esempio il sindaco di Copenaghen mi ha detto che darà una parte degli uffici comunali alle scuole per garantire il distanziamento. Ma noi no, siamo sempre diversi. Ma essendo sempre diversi in questo caso non rischiamo di essere i peggiori?».

Prima di chiederle se Milano sarebbe disponibile a fare lo stesso, le chiedo se il riferimento che lei ha fatto più volte alla necessità di rivedere la compagine dei ministri fosse diretto alla ministra Azzolina.
«È sgradevole riferirsi a un ministro specifico, però voglio fare una riflessione generale visto che lei me lo chiede. Sa qual è l’atteggiamento sbagliato di noi politici, e dico noi? Siccome non riusciamo a fare le cose diciamo che è colpa della “macchina” che non ne permette la realizzazione. Il punto è che la macchina c’è, esiste ed è complessa. Quindi a capo delle organizzazioni ci devono essere delle persone che sanno gestire la complessità. Altrimenti c’è il rischio di grandi annunci e poi non si fa nulla. In ruoli chiave come i ministeri ci devono andare persone esperte, siano politici o tecnici».

Torniamo agli spazi alternativi. Il Comune di Milano è pronto a cedere spazi per la scuola?
«Sono disponibilissimo a ragionarci. Se mi dicessero che le scuole non aprono prima del 22 settembre, mi attiverei per trovare una soluzione per gli istituti che dipendono dal Comune. In ogni caso a Milano stiamo lavorando su due fronti. Innanzitutto le Summer school che apriranno ai primi di luglio e ospiteranno 10 mila bambini per un mese e mezzo. Abbiamo già autorizzato 130 centri estivi che si aggiungono ai nostri. In secondo luogo per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle scuole, in particolare i tetti, abbiamo stanziato 200 milioni e abbiamo dato il via alla realizzazione di 9 nuove scuole. Cinque arriveranno a breve. Per le altre quattro abbiamo i finanziamenti e stiamo lavorando al progetto esecutivo. Non vogliamo arrenderci all’idea che non si può fare niente».

CORRIERE.IT

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