Coronavirus in Germania, focolai nei mattatoi: in Nordreno-Vestfalia l’ipotesi di un nuovo lockdown
La situazione è molto tesa. Si temono anche disordini e proteste sociali, se chiusure e misure restrittive dovessero essere rimesse in vigore, prospettiva per nulla esclusa. Questa mattina il ministro-presidente del Land, Armin Laschet, ha fatto una visita a Guetersloh per incontrare il comitato d’emergenza che sta gestendo la crisi e valutare da vicino la gravità della situazione. Laschet, che è anche uno dei tre candidati alla guida della Cdu per la successione ad Angela Merkel, non ha escluso di ripristinare il lockdown nell’intero Stato federale, se i nuovi focolai dovessero estendersi. Il ministro della Sanità del Nord Reno-Vestfalia ha intanto disposto test obbligatori per l’intero settore della lavorazione delle carni, che occupa circa 20 mila addetti e viene considerato particolarmente a rischio di contagio.
Il caso della Tönnies ha portato in primo piano una gravissima realtà sanitaria e sociale, legata all’industria della carne in Germania. «La nostra fiducia nella ditta Toennies è pari a zero», ha detto Thomas Kuhlbusch, capo dell’unità di crisi di Guetersloh.
Causa primaria del contagio sarebbero le centinaia di lavoratori stranieri, in maggioranza polacchi e rumeni, che nel lungo weekend dell’11 giugno hanno visitato le famiglie nei loro Paesi d’origine, la prima volta dall’inizio della pandemia, dove si sarebbero infettati. Al ritorno in Germania, molti di loro hanno viaggiato insieme in bus sovraffollati anche per 17 ore. Questa è almeno la versione di Clemens Tönnies, il capo dell’azienda, che è anche proprietario della popolare squadra di calcio dello Schalke 04.
Ma il segreto sporco del gruppo e dell’intero settore della lavorazione delle carni in Germania è in realtà proprio la condizione di lavoro e di vita dei Gastarbeiter polacchi e rumeni. Alloggiati in massa in dormitori insalubri, dove non viene rispettata alcuna misura sanitaria o di sicurezza. E pagati con salari di molto inferiori al minimo in vigore in Germania, grazie alla finzione di essere assunti e gestiti da società sub-contraenti con sede in Polonia e Romania, che applicano le tariffe locali.
Di tutto questo Tönnies non fa parola, rifiutando ogni responsabilità. Non solo. Il comitato d’emergenza contesta all’azienda di non aver fornito la lista completa degli indirizzi di tutti i dipendenti, impedendo in tal modo la verifica immediata dell’estensione del contagio e il suo isolamento. Venerdì ne mancavano ancora almeno un terzo. Soltanto alle prime ore di sabato, le autorità hanno avuto a disposizione tutti i recapiti dei 6500 addetti.
La vicenda ha anche uno strascico politico. Il ministro degli Esteri, Heiko Maas ha criticato Laschet, che alle prime notizie del focolaio nell’impianto di Guetersloh, aveva indicato negli operai polacchi e rumeni i responsabili del contagio, senza far alcun riferimento alle condizioni in cui vengono tenuti. Laschet si è poi corretto. Ma Maas, con ilk pensiero forse rivolto ai rapporti con Varsavia e Bucarest, lo ha invitato a scusarsi per aver gettato olio sul fuoco con dichiarazioni «pericolose». E nel frattempo, il capo dei deputati Verdi al parlamento regionale, Anton Hofreiter, ha chiesto il boicottaggio dei prodotti della Tönnies.
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