10 moventi per Bonaccini segretario Pd

4) Noi invece di Io “è una boiata pazzesca”. Zingaretti quando fu eletto segretario calcò, oltre misura, rifacendosi anche all’ultimo Bersani, su quel Noi alla guida del partito che avrebbe sostituito, da lì a poco, l’Io di Renzi. Abbiamo visto il brodo primordiale che è saltato fuori. Uno slogan fintamente buonista per giustificare la carenza di carisma che oggi è indispensabile anche per dirigere una bocciofila.

5) Manca un regia unica. Lo scenario politico italiano post Covid-19 è dispersivo, confusionario, privo di punti di riferimento. Gli schieramenti politici sono sconnessi. Risultano dei patchwork senza collante alcuno. Il primo avviso di questo vuoto è arrivato da Renzi che guarda alla prossima elezione del presidente della Repubblica.

6) Il prossimo presidente della Repubblica. Sarà saggio arrivare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica con questo Parlamento? È una domanda che comincia a circolare tra gli addetti ai lavori non seduti sugli scranni parlamentari. Certo, una campagna elettorale nei prossimi mesi o in primavera sarebbe giocata sulla privazione delle libertà individuali. La sinistra che le voleva spingere in avanti la chiusura sine die mentre la destra che le voleva togliere lacci e lacciuoli al più presto. Povera Patria.

7) Gori non è Tafazzi. Per questo contesto vario e indistinto occorre un Pd che funzioni da baricentro. Solido e con un capitano che lo guidi. L’appello di Giorgio Gori, Pd, sindaco di Bergamo, di cambiare segretario non è del Tafazzi di turno. E nemmeno quello del passante brontolone che interviene nel momento meno opportuno.

8) Zingaretti stai sereno. L’avviso Zingaretti non l’ha compreso. Ha parlato Gori che è rappresentante di quel movimento dei sindaci, del Nord, che patirà maggiormente la crisi economica post covid. L’ex renziano sindaco di Bergamo (Renzi ha ipotizzato una riforma elettorale sotto lo slogan sindaco d’Italia) ha manifestato l’esigenza di una guida del partito e prossimamente di uno schieramento per la guida del Paese.

9) Bonaccini segretario. Perché c’è l’esigenza di rendere visibile il Pd, fuori dall’ambito ristretto di Roma e dintorni con figure del Nord che hanno lavorato a stretto contatto con le forze produttive più dinamiche del Paese. Bonaccini è il miglior esempio di riformismo moderno; si è dato da fare per uscire dalla tempesta Covid-19, nutrendo una leadership in grado di rischiare, di decidere, scavallando il format consunto della chiusura comunque, senza programma, senza progetto per il futuro.

10) Bonaccini candidato premier. L’approdo è questo. E lo stesso presidente dell’Emilia Romagna ha detto di essere a disposizione del partito. Partito che ha lasciato ai margini della recente competizione elettorale che l’ha portato alla guida regionale. Bonaccini avrebbe il sostegno dei tanti sindaci Pd che in molti casi già guidano di fatto il Pd territoriale. E di Renzi, soprattutto, che l’ha appoggiato senza riserve nella sua prima candidatura alla regione Emilia-Romagna dopo che Richetti si ritirò dalla competizione. Bonaccini – che è una personalità che ha pochi tratti di congiunzione con Zingaretti se non quella professionale di funzionario di partito – è un modello alternativo ‘di leadership’ rispetto ad altri due presidenti di regione, formalmente del Pd, Emiliano e De Luca, ormai sulla china del fai da te. ‘Di successo’, lo dovranno dimostrare a breve.

L’HUFFPOST

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