Un patto sul Quirinale per salvare la maggioranza. Renzi teme che tutto possa saltare davvero
Il campanello d’allarme è scattato lo scorso 19 giugno. Al Senato nella sala del governo sono riuniti i capogruppo di maggioranza insieme al ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà”. Pallottoliere in mano, contano febbrilmente i numeri dei senatori che sono riusciti a rientrare a Roma per partecipare alla fiducia sul decreto intercettazioni, dopo che un pasticcio sul numero legale aveva portato all’annullamento del voto della sera prima. Il Partito democratico dice che un senatore è out, per il resto il gruppo è a ranghi completi, stessa identica situazione per Italia viva. E i 5 stelle? “Dovremmo essere novantuno, anzi no, forse novantatrè, a breve lo sappiamo”.
Un navigato conoscitore delle dinamiche di Palazzo Madama sbotta: “In quel momento si è capito che non controllano più niente lì dentro”. E la conferma arriva da una fonte al vertice del Movimento: “Non governiamo più niente del gruppo, non c’è un capo, gli altri sono militanti, sono organizzati per correnti, da noi non si riesce non dico tanto a controllare, ma nemmeno più a monitorare nulla”. E’ allarme sui numeri. Pallottoliere alla mano, la maggioranza conta 165 senatori, più i colleghi a vita Mario Monti ed Elena Cattaneo, presenti nei momenti decisivi. “Ci aspettiamo altri arrivi, anche da M5s”, ha spiegato oggi Matteo Salvini, annunciando il proseguio di una campagna di arruolamento che ha portato quattro grillini a fare armi e bagagli e a traslocare nella Lega. Ne basterebbero altrettanti per mettere la maggioranza sull’orlo del burrone.
Inaspettatamente è stato Matteo Renzi a cercare nel modo più deciso possibile di calmierare le acque, proponendo un patto di legislatura a Pd e M5s, con obiettivo l’elezione del presidente della Repubblica nel 2022, da non lasciare a una maggioranza sovranista. I suoi la motivano con tutto l’armamentario retorico del caso: “Matteo è stato il primo a volere questo governo”, “Matteo è il leader di una forza responsabile come Italia viva”, “Matteo come tutti noi vuole solo che l’Italia torni a crescere”. Ma nel clima di sospetti in cui vive e di cui si nutre la maggioranza una lettura “propagandistica” delle parole dell’uomo dei penultimatum non bastano. Ecco che un uomo vicino all’ex rottamatore va più a fondo: “Abbiamo capito due cose: la prima è che non è questa la fase in cui far cadere il governo, la seconda è che rischia seriamente di cadere per lo sgretolamento dei 5 stelle e l’incapacità di Giuseppe Conte di gestire la situazione”.
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