Mes, uno scarto che riflette il timore di non durare

di Massimo Franco

Fino a una decina di giorni fa, la richiesta del prestito europeo del Mes era data per scontata. Non solo dal Pd, ma dal M5S. La tesi accreditata sia a Palazzo Chigi, sia tra i ministri grillini era che bisognava «accompagnare» il Movimento ad approvarlo in Parlamento, scontando magari qualche defezione. Poi, a mano a mano che nei Cinque Stelle si è incanaglito il conflitto interno, Giuseppe Conte ha capito che il «ni» d’ufficio degli ultimi mesi avrebbe faticato a diventare un sì. Così si è rassegnato ad assecondare unaregressione populista che ripropone le ambiguità italiane non solo sul Mes ma sui rapporti con l’Unione europea.

È uno scarto che coincide con le accuse di immobilismo ricevute da quando si sono celebrati i controversi Stati generali dell’economia. E sta producendo uno scontro quotidiano sia con il leader del Pd, Nicola Zingaretti, sia con la cancelliera tedesca Angela Merkel, finora sua alleata. Rendere scivolose quelle due sponde, però, significa aumentare la fragilità del governo. Eppure, la componente maggioritaria dell’esecutivo non resiste al riflesso di scaricare le proprie tensioni sulla maggioranza e sul Paese. Per fermare le sue spinte centrifughe, sceglie una linea di rifiuto del prestito di 37 miliardi di euro che permetterebbe di mettere mano al sistema sanitario provato dal coronavirus.

Non può non colpire che su questa linea, avallata nella maggioranza solo dalla sinistra di Leu, il M5S si ritrova schierato con la Lega e con Fratelli d’Italia: una sorta di riproposizione del fronte populista del 2018 e del primo governo Conte, con l’aggiunta delle forze di Giorgia Meloni. Viene il dubbio che il premier di governo e di Movimento abbia ormai il terrore di durare meno di quanto si continui a dichiarare con eccessiva sicurezza; e dunque che i grillini si preparino a una concorrenza elettorale con Matteo Salvini e Meloni, ritornando alle parole d’ordine tradizionali: sia per compiacere ciò che resta del loro elettorato, nel tentativo di bloccarne la fuga; sia per sfruttare secondo i loro canoni culturali la pioggia di fondi che nel 2021 arriverà dall’Europa.

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