Ma che riforma, la riduzione dei parlamentari è un attacco alla democrazia rappresentativa
vedi anche:
Perché bisogna dire No al referendum sul taglio dei parlamentari
La crisi post covid richiede più politica e più democrazia. Invece l’Italia va verso una consultazione col trucco, che indebolisce la rappresentanza. Resta solo la possibilità di mobilitare una società civile che non si faccia prendere in giro
Stiamo rischiando il definitivo annullamento di ogni spazio pubblico. Tutto nel nostro presente già congiurava a un tale fine.
I modi e il discorso con cui la crisi che attraversiamo viene
affrontata possono completare l’opera. Non permettono forse, finalmente,
i mezzi di cui disponiamo di eseguire a distanza grandissima parte
delle nostre attività? A distanza, anzi, il lavoro è più smart,
insegnare e apprendere più economico e “universale”, conferenze e
convegni assemblare pubblici vastissimi. Da quanto tempo sono
vuote le nostre piazze, o riempite da effimeri tromboni? Per non parlare
di quei luoghi in cui si discuteva di politica (come si chiamavano?
partiti?). C’erano festival di cultura che attraevano migliaia
di persone. Troppe. Meglio consentire che lo spazio pubblico si riduca a
qualche movida, per la chiacchiera e la birra. Il resto a casa, al
sicuro. Apriamo il bar, dove il contagio, se c’è è fisico soltanto, ma
usiamo prudenza massima per scuole, uffici, teatri e musei. Per vedere
Raffaello non più di 5’ per sala – un solerte guardiano ci inviterà a
“superare” rapidamente la Fornarina o la Velata. Forse sarà concesso
fotografarle. E d’altra parte non avviene così ormai da decenni? Come
guarda il turista-tipo se non attraverso il suo cellulare o il suo ipad?
La distruzione dello spazio pubblico è in corso da tempo – ora che lo
constatiamo “grazie” al discorso politico sul Covid, troveremo la forza
per reagirvi?
Per il momento, meglio procedere nel solco della “distanza sociale”, non
importa se attraverso le “grida” più sconclusionate e contraddittorie.
Anche qui abitudine antica, che la crisi si limita a evidenziare ed
esaltare. L’inflazione normativa è vizio storico del Paese, forse quello
che segna la nostra maggiore distanza, e qui sì la parola è a
proposito, dagli altri europei. Norme sovrapposte, conflitti di
competenza, leggi illeggibili, con le quali amministratori e funzionari
debbono quotidianamente lottare. Le decretazioni della Presidenza del
Consiglio degli ultimi mesi esprimono la quintessenza di questo
incoercibile impulso normativistico cui si accompagna un autentico
delirio sanzionatorio, in omaggio alle tendenze più plebee del senso
comune. Vecchissima storia anche questa: credere che sia la minaccia
della sanzione a contare più della forza persuasiva implicita nella
norma. No, non bisogna avere fiducia che il tuo concittadino capisca
benissimo di per sé che non deve andare in giro abbracciandosi e
baciandosi durante un’epidemia – no, occorrono due decreti al mese,
cento regole, mille sanzioni. La vita sarà tanto più bella quanto più
regolata da ordinanze per ogni possibile caso. Questa è la cultura
politica che la gestione della crisi ha messo a nudo, coscienti o meno
ne siano i protagonisti.
Il nostro essere società muore con la paura del contagio
La crisi sanitaria accelera la fine di ogni forma di comunità. E la politica e i poteri economici favoriscono questo processo
Il Parlamento è specchio del Paese, si diceva. Vero oggi più di sempre. Da agorà per eccellenza, dove la forza delle parole, insieme alla capacità di ascolto, doveva condurre alla intesa pacifica anche sui più forti contrasti, il Parlamento si è ridotto da anticamera dei partiti nella prima Repubblica, a confuso esecutore, nelle sue oscillanti maggioranze, della volontà dell’esecutivo. Fino al miserevole spettacolo del Parlamento “a distanza”, esautorato da ogni funzione, di questi mesi. Che, a questo punto, l’opinione pubblica lo percepisca sempre più come “ente inutile” è logica conseguenza. Perché non eleggere subito un esecutivo e basta, e cioè chi comanda, e finiamola lì?
Quale altra logica si esprime nel modo in cui attualmente viene pubblicizzata la “grande riforma” della riduzione del numero dei deputati? Solo la più ignobile ipocrisia può mascherare la verità: passo dopo passo è l’attacco al ruolo delle assemblee rappresentative che viene portato avanti. Ma l’attacco funziona perché queste assemblee non funzionano, e non funzionano da decenni. O i democratici sanno riformarle o vincerà chi democratico non è. Tertium non datur. Nella sceneggiata degli Stati Generali tra le altre molte cose di cui non si è parlato sta appunto la questione della ripresa di un’iniziativa riformatrice in questo campo. E per forza: può un presidente partorito dal grillismo farsi promotore di una nuova forma di Parlamento e Governo? L’evoluzione può serbarci delle sorprese, certo. E la speranza è l’ultimo dei mali.
L’ESPRESSO
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