Dombrovskis: «Le regole europee di bilancio? Dopo la recessione torneranno. Il Mes è come chiesto dall’Italia»

Dunque in futuro i governi europei dovranno essere più selettivi nell’estendere la cassa integrazione?
«Nelle nostre raccomandazioni sottolineiamo che i programmi di sostegno in risposta alla crisi dovrebbero essere mirati e temporanei. Ma questo è uno choc simmetrico che investe tutti i Paesi, causato da una crisi sanitaria e nella misura del possibile dobbiamo proteggere la capacità produttiva dell’economia europea, i posti di lavoro, i redditi. Dobbiamo aiutare le aziende sostenibili, quelle che non erano in difficoltà prima di Covid. Ciò richiede interventi su vasta scala. Più riusciremo a proteggere le aziende e l’occupazione ora, prima l’economia rimbalzerà quando la pandemia sarà finita. Dobbiamo tenere a mente la sostenibilità di bilancio di medio termine, ma dobbiamo anche dare una risposta a una crisi su vasta scala».

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Christine Lagarde della Bce ha detto che il Patto di stabilità va riformato prima di riapplicarlo. Concorda?
«Abbiamo lanciato una revisione delle regole e una consultazione pubblica, in cui abbiamo posto domande su alcuni punti sollevati dallo European Fiscal Board. C’è una tendenza a spostare l’attenzione su regole più semplici: i criteri di spesa pubblica e l’ancoraggio al debito».

Che intende per ancoraggio al debito?
«È l’idea che i criteri di spesa siano aggiustati in base al rapporto debito pubblico-Pil dei vari Paesi. Stiamo anche guardando a come migliorare le politiche anticicliche, in modo che gli Stati costituiscano dei margini di bilancio e abbassino i deficit nelle fasi positive. Lo vediamo in questa crisi: gli Stati che lo hanno fatto adesso sono in situazione molto migliore nel rispondere alla crisi».

Ciò vuol dire che l’Italia ha perso l’occasione di ridurre il deficit durante la ripresa e ora ne paga il prezzo?
«Non drammatizzerei. Nel 2019 il deficit era all’1,6% del Pil, un passo nella buona direzione. Noi alla Commissione abbiamo avuto negoziati difficili con il governo italiano nell’autunno 2018, su piani che prevedevano una deviazione sostanziale dalle regole di bilancio. Alla fine quella direzione fu corretta e il deficit ridotto. Ma sì, questo è un punto che l’Italia stessa sottolinea: la mancanza di margini di bilancio sta ostacolando la risposta alla crisi. Anche se nel pieno di questo choc serve solidarietà. Non è il momento di scambiarsi accuse».

Pensa che l’Italia dovrebbe chiedere il prestito Mes di nuovo tipo?
«È disponibile per tutti nell’area euro, ma tocca ai governi decidere. In ogni caso il punto che l’Italia sollevava con grande forza sul Mes riguardava la condizionalità. E questo programma è stato disegnato in modo che non ce ne sia; il solo requisito è che i soldi siano spesi in spesa sanitaria diretta e indiretta. Non c’è condizionalità macroeconomica o finanziaria. Penso che questo fosse un punto molto importante per l’Italia ed è stato soddisfatto in pieno. Nel caso dell’Italia ora sono disponibili oltre 35 miliardi , con risparmi importanti sugli interessi: centinaia di milioni di euro di risparmi ogni anno per un decennio».

Invece l’accesso al Recovery Fund prevede condizioni di riforma. Pensa che saranno rafforzate per facilitare l’accordo in Europa?
«La Recovery and Resilience Facility è lì per finanziare riforme e investimenti. In base alla nostra proposta, i governi fanno i loro Recovery Plan e la Commissione valuta se sono in linea con le priorità europee, per esempio nell’ambiente o nel digitale. Tocca poi ai governi stessi indicare dei benchmark, delle soglie di riferimento, e l’adempimento dei benchmark permettere di versare i finanziamenti europei. La Commissione dovrà approvare i piani, ma in cabina di pilotaggio ci saranno i governi stessi».

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Decidere con urgenza

Per i negoziati fra governi che prospettive vede?
«Sottolineo il senso di urgenza. Parte del denaro sarebbe disponibile già quest’anno, ma abbiamo bisogno di un accordo già questo mese. Condivide il senso di urgenza anche la Germania, che ha la presidenza di turno dell’Unione europea. Certo ci saranno discussioni difficili, per esempio sulla suddivisione fra prestiti e trasferimenti diretti di bilancio».

Per Wolfgang Schäuble dare prestiti all’Italia è come dare pietre a una persona che muore di fame. Non elegantissimo. I Paesi del Nord, i «Frugali», concordano?
«Be’, la Germania in questo negoziato non è fra i Frugali. Ma vediamo sempre di più una presa d’atto che la risposta europea deve arrivare con una parte sostanziale di trasferimenti diretti».

I crediti deteriorati delle banche cresceranno. Ha senso pensare a una bad bank, un’entità che gestisca questi attivi?
«Il settore è in una forma molto migliore rispetto a dieci anni fa. Ciò detto, ci saranno impatti e una soluzione possibile è lo sviluppo di entità di gestione degli attivi deteriorati a livello nazionale. Tra l’altro, il quadro degli aiuti di Stato ora permette più flessibilità su queste strutture».

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