Il cambio di passo inciampa sulla Libia
Contrordine compagni, la parentesi aperta da Zingaretti – il “cambio di passo”, la concretezza, la “svolta” – è stata già chiusa da Franceschini: Conte è bravo, bravissimo, dunque bene così, anzi non è neanche un tabù discutere la riduzione dell’Iva, considerata, fino a qualche giorno dal Pd, sia al Tesoro che al Nazareno, una specie di bestemmia. E l’alleanza con i Cinque Stelle è strategica, serve solo, dopo un anno di Governo assieme, un “surplus di riflessione”, se sulle Regionali le forze che si sono messe insieme per arginare Salvini, e con esso la minaccia fascista, non trovano un accordo nemmeno davanti a un candidato nostalgico della marcia su Roma. E non lo trovano neanche in Liguria, la terra del capo morale dei Cinque Stelle e del vicesegretario del Pd.
Si riparte così, con l’orizzonte schiacciato sulla quotidianità di una verifica iniziata a gennaio e mai conclusa, ripartita dopo la grande emergenza e ancora in corso, con la solita riunione sui decreti Sicurezza prevista per giovedì, il cui cambio era stato dato per imminente tre settimane fa e un’incidente annunciato sul capitolo “immigrazione”. Già, perché domani approda in Senato il decreto per il rifinanziamento delle missioni internazionali. E sul capitolo Libia un pezzo di maggioranza chiederà il voto per “parti separate”, perché contraria agli accordi di cooperazione vigenti: non solo Leu, ma c’è un pezzo di Pd e dei Cinque stelle che già in commissione ha espresso la sua indignata contrarietà al rifinanziamento dei “trafficanti di esseri umani”, ovvero la Guardia costiera libica al centro di inchieste giornalistiche e giudiziarie.
È dunque probabile che, quantomeno su questo specifico capitolo, si manifesterà un dato politico non irrilevante. E cioè che, senza centrodestra, non c’è maggioranza, proprio su uno dei temi più delicati dell’azione di Governo. E non c’è maggioranza perché non c’è una “politica”, una “strategia complessiva sull’immigrazione”, per parafrasare, vox clamantis in deserto l’ex ministro Minniti, uno che aveva sia una strategia sia un certo polso. Questo accade proprio nel momento in cui sarebbe ancora più urgente coniugare la tutela della salute e il principio di solidarietà, a meno che non si consideri una visione riempire il Mediterraneo di navi quarantena. O procedere col “modello” Ocean Viking, arrivata oggi – proprio oggi alla vigilia del voto in Parlamento, singolare coincidenza – a porto Empedocle dopo una decina di giorni di peregrinazioni, con 180 migranti salvati in acque internazionali cui non è stato assegnato un porto sicuro. Diciamoci la cose come stanno: con Salvini al Viminale, sarebbero saliti a bordo in nome delle esigenze umanitarie gli stessi che oggi volgono lo sguardo da porto Empedocle per ragioni di governo.
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