Sconfitti Merkel, Macron e il Sud Europa: l’irlandese Donohoe presidente dell’Eurogruppo
Quella che si è consumata oggi all’Eurogruppo è stata anche una battaglia tra destra e sinistra: i paesi governati dai Popolari hanno votato Donohoe, anche se qualche settimana fa Angela Merkel si era espressa a favore di Calvino. Sullo sfondo anche la battaglia di genere: uomo contro donna. Se fosse stata eletta, Calvino sarebbe stata la prima donna a presiedere l’Eurogruppo. Insieme a Christine Lagarde eletta al vertice della Bce, Ursula von der Leyen a capo della Commissione Ue, per non dire di Merkel presidente di turno dell’Ue, la spagnola avrebbe composto un quadretto di cariche apicali tutte al femminile.
Non è andata così. Ha prevalso il timore dei paesi nordici di vedersi guidati da una rappresentante dei paesi del sud – che loro considerano inaffidabili in fatto di conti pubblici – in una istituzione come l’Eurogruppo, importante per le misure economiche da adottare in una fase così drammatica e inedita di crisi dovuta alla pandemia.
Quella che si è consumata oggi è stata prevalentemente una battaglia del nord contro il sud, nell’ambito della ‘guerra’ iniziata a marzo con la crisi del covid, guerra che continuerà in Consiglio europeo la prossima settimana, quando i leader dovranno cercare un’intesa sul recovery fund. Intesa ancora lontanissima: i nordici non mollano, vogliono che il fondo sia fatto prevalentemente da prestiti piuttosto che da sussidi, non accetterebbero nemmeno la mediazione proposta da Germania e Francia, 500mld di sussidi e stop. Oggi l’olandese Mark Rutte ne ha parlato con Merkel in un bilaterale a Berlino: “Sì al fondo, ma legato alle riforme” da parte dei paesi che faranno ricorso agli aiuti europei.
In gara c’era anche il lussemburghese Pierre Gramegna. Ma il voto è stato una sorta di spareggio tra la spagnola, 52 anni e 4 figli, ex direttore del bilancio in Commissione europea, ministro di Sanchez da due anni, professionista allevata dalla burocrazia di Bruxelles, e l’irlandese, esponente del Fine Gael, classe 1974, 2 figli, più volte ministro, laurea al Trinity College di Dublino, ex di Procter & Gamble. Nella lettera di presentazione della candidatura Calvino si è espressa a favore della revisione delle regole del Patto di stabilità, contraria ad una riattivazione frettolosa delle regole sospese per il covid. Donohoe invece si è ingraziato i nordici promettendo un ritorno alle regole nel medio termine, prefigurando un ruolo politico dell’Eurogruppo e una gestione alla fine nazionale delle politiche economiche.
Il covid trasforma tutto ciò che tocca in battaglia politica, aspra perché in tempi di crisi ognuno guarda ai propri interessi ancor più che in tempi normali. Certo, nell’area euro, viste le interconnessioni ormai strettissime tra i paesi, gli interessi di uno rappresentano anche una fetta degli interessi degli altri. Ed è per questo che tutti gli Stati membri, anche oltre l’area euro, si sono convinti a dar vita al recovery fund. In quali termini, dipende dalle trattative in corso.
Oggi la bilancia ha premiato il nord, chiudendo la battaglia col vantaggio di tanti piccoli Stati che, alleati insieme, hanno battuto Stati grandi come la Germania, la Francia, l’Italia, la Spagna. Proprio su questo, due anni fa, Calvino fece una gaffe, descrivendo la lega anseatica come alleanza di “paesi molto piccoli come un peso molto ridotto”. Gliel’hanno fatta pagare.
L’HUFFPOST
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