Sordi e felici all’appuntamento con l’Apocalisse

Et voilà, siamo a un nuovo volta-pagina di questa storia. Per esperienza, prudenza, per evitare il rischio di aggiungere allarmismo all’allarme è buona regola attendere le classiche 24 ore prima di esprimere il giudizio. Ebbene sono passate, da quando il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese – prefetto di esperienza, donna prudente, solitamente taciturna, l’opposto del predecessore – ha messo agli atti una dichiarazione molto impegnativa sul rischio “concreto” di “tensioni sociali a settembre”: la crisi, la recessione, le saracinesche abbassate, dunque la rabbia, se prima non si agirà con velocità e determinazione perché, da che mondo è mondo, l’immobilismo in tempi di emergenza è un detonatore di conflitti sociali.

Parole impegnative, evidentemente supportate da informazioni ed evidentemente seguite da atti concreti, in termini di allerta e di preparazione alle evenienze che si porranno. Chi la conosce interpreta questa frase come una sorta di avviso ai naviganti, a futura memoria, quando si porrà il tema di chi è responsabile e chi no dell’autunno caldo. E giudica questo atteggiamento come molto comprensibile, anche alla luce del pregresso, di quando cioè è stata ascoltata come persona informata dei fatti, nell’ambito delle indagini sulla mancata chiusura di Alzano e Nembro, dopo che, in pieno lockdown e relativo accentramento di poteri nelle mani del premier, su quei fatti e su altri non c’è stato uno spasmodico coinvolgimento del Viminale, in relazione alle decisioni da prendere.

Ecco, l’informazione fornita, a proposito di un nuovo possibile fatto, è agli atti, non contestata da nessuno, anzi qui il paradosso: condivisa quasi come un appuntamento ineluttabile con l’Apocalisse, fissato nell’agenda collettiva senza che le agende individuali prevedano altri appuntamenti per farli saltare. È così che se, con la pazienza del cronista, vai a capire cosa accadrà al cdm di lunedì, appuri che di Autostrade forse si parlerà a quello del giorno dopo e che non ne sanno nulla neanche i capidelegazione del governo, mentre tutti sono impegnati ad attribuire, in un’orgia di spin e voci da sottoscala, la paternità dei veleni forniti alle iene dattilografe sulla presunta irritazione del premier verso il Pd e il ministro De Micheli.

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