Ancora infetti tra i bengalesi: terrore per i controlli flop
Elena BarlozzariAlessandra Benignetti –
“Abbiamo rintracciato un positivo al Covid in una casa di via della Marranella dove vivono in sei persone, ha già i sintomi da quattro o cinque giorni, è una persona molto socievole e sarebbe andato in giro per il quartiere e tra la folla in coda per i tamponi”.
È l’allarme lanciato ieri da Mohammad Taifur Rahman Shah, presidente dell’associazione Italbangla.
Il portavoce della comunità bengalese di Roma non ha dubbi sulla positività del suo connazionale: “È infetto al cento per cento”. Secondo il racconto di Shah, sarebbe stato il medico di base, di fronte a quella febbre che non scendeva, a mandare lo straniero a fare il tampone presso una struttura privata. “Ieri mi ha chiamato e mi ha detto di essere malato, era molto agitato”, ricorda Shah che non ha perso tempo a raccomandare all’uomo ed ai suoi coinquilini di “rimanere a casa e non muoversi di lì per nessuna ragione”.
Poi ha allertato la Asl Roma 2. E così nel primo pomeriggio di ieri i sanitari hanno fatto il loro ingresso nell’appartamento di Tor Pignattara. “Abbiamo fatto i tamponi a tutti gli abitanti della casa, cinque o sei persone”, ci confermano dalla Asl. Ma in attesa dei risultati a prevalere è la cautela: “Non possiamo confermare nulla finché non arriveranno gli esiti”. Intanto nel Lazio ci sono stati altri 19 casi, di cui oltre la metà di importazione. Otto sono quelli legati ai voli di rientro dal Bangladesh, finiti sotto la lente di ingrandimento delle autorità.
È una corsa contro il virus per recuperare il tempo che ha preceduto lo stop ai voli dello scorso mercoledì. Si parla di più di mille persone, atterrate in Italia prima del 7 luglio. Soggetti potenzialmente infetti, a piede libero nel Bel Paese, che potrebbero trasformarsi in pericolosissimi untori. La preoccupazione è tanta, soprattutto nella “Banglatown” romana. Qui le file ai drive in allestiti dalla Asl Roma 2 diventano ogni giorno più lunghe. Se inizialmente l’affluenza è stata bassa per via delle difficoltà di comunicazione con i cittadini stranieri, ora è iniziata una vera e propria mobilitazione di massa grazie all’intervento dei rappresentanti, anche religiosi, della comunità. E così nei centri per lo screening sono arrivate le prime difficoltà.
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