Nove euro a camice e un intermediario per piazzarli: nuove accuse per il cognato di Fontana
di LUCA DE VITO
Un tentativo concreto e
documentato di piazzare i camici rimasti fermi, i famosi 25mila pezzi
(della commessa da 75mila) mai inviati alla Regione da parte di Dama, la
società di Andrea Dini, cognato di Attilio Fontana:
con un’offerta definita a 9 euro per ciascun camice, contro il prezzo
di 6 euro che era stato fatto ad Aria, la centrale acquisti del
Pirellone.
Per la Procura è la prova che le intenzioni dell’imprenditore erano
molto lontane dal desiderio di fare una donazione, visto che la consegna
della partita di camici sarebbe stata bloccata (e dichiarata regalo)
solo dopo che Report ha sollevato il caso del conflitto di interessi.
Una rinuncia non irrilevante e apparentemente inspiegabile in piena emergenza sanitaria,
quando le terapie intensive degli ospedali erano ancora colme di
pazienti e nelle case di riposo mancavano i dispositivi di protezione:
in quel momento la Regione aveva un fabbisogno giornaliero di circa 50
mila camici.
Inchiesta camici, per la procura in Regione si sapeva del conflitto di interessi con l’azienda del cognato di Fontana
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