Mattarella, riconciliazione a Basovizza
Emozionato, il presidente della Slovenia gli ha risposto che oggi «viviamo un sogno proibito, come se dopo cent’anni tutte le stelle si fossero allineate. Il torto è stato corretto, giustizia è stata fatta». Giustizia anzitutto per le migliaia di italiani buttati nelle foibe, compresi donne e bambini. Non era così scontato che Pahor riconoscesse quell’orrore: mai nessun esponente di Paesi ex-iugoslavi aveva mostrato finora altrettanta onestà. Del resto, perfino da noi c’è chi insiste pervicacemente a negare i genocidi commessi dai partigiani di Tito per paura di «sporcare», ammettendolo, i valori della Resistenza. La visita di Pahor a Basovizza rende insostenibile qualunque dubbio a riguardo, come prende atto (intelligentemente) lo stesso Matteo Salvini: «Bene», commenta, «era fondamentale restituire dignità a quei morti».
Viceversa i Fratelli d’Italia, coerenti con le loro origini di destra-destra, trovano «scellerato» che alla visita della Foiba di Basovizza sia seguita quella al vicino monumento dei fucilati sloveni. Terroristi del TIGR secondo il Tribunale speciale del regime che li condannò a morte nel 1930; martiri anti-fascisti per l’intero mondo slavo, dove ogni anno vengono ricordati come eroi. Due visioni che fanno a pugni. Giorgia Meloni la pensa come i giudici del Tribunale speciale, per lei e per Ignazio La Russa il nostro presidente ha onorato dei volgari assassini: «Un’occasione perduta», protesta la leader dei Fd’I. Eppure il cippo esisteva dal 1946, è ufficialmente riconosciuto tra i monumenti della Repubblica e, comunque lo si voglia giudicare, deporvi una corona con tanto di corazzieri era una condizione posta dagli sloveni per inchinarsi davanti alla Foiba di Basovizza: ossequio alla verità di molto maggior spessore. Il saldo storico resta tutto a vantaggio italiano.
L’incontro con gli esuli
Mattarella ha chiuso la giornata triestina a colloquio con le associazioni degli esuli dalmati auspicando passi avanti nella ricerca della verità e sollecitando (alla presenza del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio) un incontro con il governo per le tante pendenze ancora in sospeso per chi venne cacciato dalla Slovenia nel dopoguerra. Ma intanto, come nell’89, un altro Muro è caduto.
LA STAMPA
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