Quei consigli inascoltati del Quirinale

Però la sensazione è che ci sia qualcosa di più. Per la prima volta si percepisce una certa inquietudine lassù, come se gli sforzi di collaborazione istituzionale non siano sufficienti a ricomporre un quadro che appare sempre più sfilacciato. Nonostante l’impegno a puntellare, c’è il rischio che non basti, accompagnato quasi dalla sensazione di una certa inutilità nell’averlo fatto. Certo, c’è Autostrade, ma poi ci sarà l’Ilva e Alitalia, o il Mes o il Recovery plan ancora da scrivere, insomma una sommatoria di problemi che si accavallano e un Governo che non ha più la presa sulle cose. Perché la verità è che finora Salvini ha retto il Governo, inteso come minaccia che incarnava, rappresentando un collante più forte di qualsiasi eccesso, sgrammaticatura, sbavatura. Adesso però il problema è più grande di Salvini e riguarda lo sfilacciamento del quadro proprio nel momento in cui sarebbero necessari coesione e determinazione.

Il discorso sul voto, come evidente fuor di propaganda, non c’è, perché è impensabile che si possa celebrare proprio nei mesi cruciali della finanziaria e del negoziato sui fondi europei. Però, può sembrare un paradosso, ma non lo è, proprio la mancanza di un’alternativa, sia essa politica sia elettorale, è un’aggravante, non un’attenuante dell’inquietudine quirinalizia. Perché il rischio di uno sfaldamento del Governo è innegabile e, con esso, l’eventualità che proprio Mattarella possa trovarsi in una situazione difficilmente gestibile, se la situazione dovesse imporre scelte che preferirebbe non compiere.

Scelte più facili a dirsi che a farsi, intese come soluzioni di emergenza in un Parlamento dove anche un salvatore della patria come Mario Draghi rischierebbe di trovarsi in balia delle logiche bizzarre degli attuali partiti con un programma di emergenza che, magari, mette in discussione quota cento o rimodula il reddito di cittadinanza. È tutto qui il punto. Perché, in caso di un loro fallimento, i partiti in definitiva possono dire che “la palla passa nelle mani del capo dello Stato”. Il capo dello Stato, al contrario, non può passarla a nessuno. È solo davanti a una crisi che deve risolvere, senza alternative. E torniamo così ai messaggi, ai suggerimenti, ai consigli senza clamore, all’alternativa che non c’è sperando che l’alternativa non sia il fragore della realtà.

L’HUFFPOST

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