Coronavirus annientato dai raggi ultravioletti, studio italiano svela “la giusta dose”
“Il potere germicida della luce ultravioletta è già noto – chiarisce il professore – piuttosto non era mai stata stabilita una misura della dose necessaria per uccidere questo virus. Si tratta di un dato sperimentale che consente di calibrare l’intensità dei raggi da adottare. La luce ultravioletta di tipo C, che è pericolosissima e può essere mortale, non raggiunge la Terra, in quanto è assorbita dagli strati di ozono nell’alta atmosfera La componente ultravioletta di tipo A e B invece arriva sul pianeta e non è pericolosa nè letale, salvo in alcune patologie particolari come le malattie della pelle, ed è soltanto da dosare con i dovuti accorgimenti”. Nel primo studio i ricercatori hanno dunque isolato la misura diretta della dose di raggi necessaria per annientare il nuovo coronavirus.
Il secondo studio su cosa verte?
“Sono state
analizzate le mappe dell’intensità della luce solare ultravioletta nelle
varie stagioni, depositate in un archivio americano, verificando che
effettivamente in estate la luce ultravioletta supera il valore di
soglia, rispetto all’inverno. Questo potrebbe essere correlato, ma è
ancora oggetto di approfondimento – precisa D’Amico – con il fatto che
molti virus prendano maggior piede nei periodi invernali. L’ipotesi
sarebbe coerente con la situazione del boom di contagi in Sud America,
dove è inverno, ma d’altra parte c’è anche la situazione degli Usa, che
si trovano invece in piena estate. Quindi è importante distinguere
quanto i raggi solari possano essere determinanti o fungere solamente da
coadiuvante. Gli studi hanno i numeri dalla loro parte: il potere
sterilizzante è conclamato, ma bisogna capire quanto incida sul
contagio, è fondamentale considerare tutti i fattori.
Nel
paper si ragiona anche su eventuali applicazioni pratiche
dell’irraggiamento in contesti urbani, per fronteggiare questa ma anche
altre pandemie, magari anche nelle stagioni a bassa intensità di luce
solare.
“Potrebbe essere considerato un approccio quasi
visionario e tutto va valutato nella sua efficacia. Considerando che la
luce ultravioletta A e B non è dannosa come la C – a patto che venga
dosata e gestita in modo adeguato per non produrre malattie della pelle –
si potrebbe pensare di compensare nella stagione invernale l’effetto
sterilizzante con dei sistemi di illuminazione, anche all’aperto, che
contengano luce ultravioletta. Ovviamente occorrerebbe farlo solamente
nei periodi di pandemia, nelle ore notturne e con avvisi alla
popolazione. Servirebbe una complessa architettura da mettere in piedi.
Potrebbe essere efficace ma a monte ci deve essere la valutazione
di quanto potrebbe essere realmente utile nel contenimento di
un’epidemia invernale. Tutto dipende da quanto potrebbe davvero incidere
positivamente sul contenimento di un virus. Siamo consapevoli che al
momento la popolazione vorrebbe certezze, vorrebbe dire “se vado al mare
o dove c’è tanto sole sono al sicuro”, purtroppo bisogna essere cauti.
Queste valutazioni spettano agli epidemiologi, il nostro compito è stato
quello di fornire dati certi. Il potere sterilizzanti dei raggi Uv non è
in discussione, va stabilito in quale misura l’avere superfici
sterilizzate possa limitare il contagio. Ricordiamoci che se ci sono
anche solo due persone in un ambiente totalmente sterilizzato, ma uno
starnutisce addosso all’altro, non si può certo illudersi di aver
evitato il contagio”.
Il ministro Speranza ha chiarito che le lampade a luce UV non devono essere utilizzate per disinfettare le mani o altre aree della pelle. E’ quindi opportuno sgombrare il campo dagli equivoci. Soprattutto in merito all’esposizione diretta del corpo umano a questi dispositivi.
“E’ giustissimo chiarire che la luce ultravioletta di tipo C (che ha il potere più efficace come sterilizzante) uccide, se arrivasse sulla terra non ci sarebbe vita. Quindi assolutamente mai esporre il corpo a questo genere di raggi. Ma anche per ciò che concerne la luce ultravioletta di tipo A e B, meno dannosa ma comunque capace di produrre malattie della pelle, si tratta di un rischio del tutto inutile, anche perché ci sono strumenti igienizzanti per il corpo ben più efficaci. Non si scherza, gli effetti possono essere dannosi, questo lavoro si focalizza sull’utilità di mantenere sterili le superfici”.
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