Andrea Crisanti: “Molti credono di vivere in una bolla, ma non ne siamo fuori”
L’indagine sierologica promossa dal Governo e conclusa ieri ha ricevuto una risposta inferiore alle aspettative, come la App “Immuni”. Insomma, la strategia del Governo rischia di rivelarsi un flop?
La risposta all’indagine significa che è stato commesso qualche errore. Hanno sbagliato la comunicazione e l’approccio. Il test doveva essere accompagnato dal tampone, allora sì che sarebbe stato un successo. A Vo’ abbiamo testato tremila persone in tre giorni. Sarebbe interessante sapere qual è la potenza statistica dello studio.
Uno studio italiano ha rivelato che i raggi ultravioletti disattivano Covid in pochi secondi. Quali ricadute pratiche potrebbe avere, oltre al fatto di non dover indossare la mascherina in spiaggia e di impiegare lampade a raggi Uv per disinfettare gli ambienti chiusi?
Il fatto che i raggi Uv disattivano i virus è pacifico. Sarebbe stato strano se questo virus fosse sfuggito a tale regola. Quanto alle ricadute pratiche, credo che questo strumento possa risultare utile per disinfettare ambienti e materiali, a livello industriale ad esempio.
Sempre a proposito di studi, in questi giorni si discute della ricerca secondo cui l’immunità acquisita con la malattia da coronavirus potrebbe non solo non essere protettiva, ma rivelarsi addirittura controproducente. Gli anticorpi avrebbero dunque un effetto boomerang.
Ci sono malattie infettive nelle quali gli anticorpi non migliorano, anzi peggiorano la situazione. Non si sa se il nuovo coronavirus faccia parte di questa categoria. I dati per esprimersi in un senso o in un altro sono ancora troppo pochi.
Tuttavia, se così fosse, il vaccino potrebbe rivelarsi poco efficace.
Nessuno lo sa. Il dramma è che tutti parlano di cose che si conoscono ancora molto poco.
Intanto andiamo verso l’autunno e l’annunciata seconda ondata. Lei ha previsto nuovi focolai a ottobre e novembre e ha definito “inutili” le misure di prevenzione per il rientro tra i banchi dei ragazzi dai 6 ai 13 anni. E allora che si deve fare nelle scuole?
Nelle scuole bisogna incoraggiare, se non rendere obbligatoria, la vaccinazione antinfluenzale che semplificherebbe la situazione proprio in vista dell’autunno e della stagione influenzale e ci aiuterebbe a evitare la confusione tra malattie. E poi bisogna misurare la temperatura agli studenti, ma farlo a scuola, non a casa, e con termometri standardizzati. Ancora bisogna far sì che i presidi non facciano andare a scuola i bambini provenienti da aree in cui si sono registrati focolai.
Per il resto, si continua con mascherine, distanziamento fisico di almeno un metro e lavaggio delle mani.
Per ora sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione.
Nel valutare la risposta del Paese all’indagine di sieroprevalenza da ambienti governativi si è detto “sembra di essere di fronte a una rimozione collettiva”. Lei nota un allentamento nell’attenzione alle regole?
Credo possa derivare anche dal fatto che sono passati messaggi contraddittori e bisogna evitarlo, altrimenti si rischia che le persone scelgano la versione più confortante. Invece è stato dato spazio a dieci ricercatori che sostenevano una tesi molto rassicurante.
Qual è per lei il messaggio da lanciare?
Che non ne siamo ancora fuori, purtroppo. Basta guardare i nuovi focolai e quello che succede nei Paesi vicini, penso alla Spagna. L’Italia non è in una bolla, non dobbiamo sentirci, per qualche ragione divina, diversi.
L’HUFFPOST
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