“Un opting out per l’Olanda”. Intervista a Enrico Letta
Enrico Letta, mi pare che l’atteso Consiglio europeo non si stia mettendo bene. Quale è la sua analisi?
La miaanalisiè cheforse c’è stata una generale sottovalutazione del fatto che la posizione olandese non è congiunturale, ma direi ideologica e strutturale, quasi esistenziale. E dunque a mio giudizio va trattata come tale. Non si risolve rimodellando l’accordo, ma spostando il tema. E il tema è: come vuole stare l’Olanda in Europa.
Mi faccia capire, è un suggerimento negoziale?
Non so come si può definire, ma so che noi, tatticamente, abbiamo bisogno di spostare lo schema di gioco da una situazione in cui l’Europa discute del “problema italiano” a una situazione in cui si occupa del “problema olandese” . È una partita da giocare all’attacco.
Ho capito, ma come? Quale sarebbe la proposta che, ad esempio, Conte dovrebbe mettere sul tavolo?
La miaidea è che l’opposizione olandese è talmente ideologica e strutturale che ricorda molto la rigidità britannica di un tempo. Se è così, va trattata allo stesso modo: individuando una forma di opting out che ha consentito la convivenza per un lungo periodo.
Opting out. Lo spieghi bene
Vuol dire. Opzione di rimanere fuori: si passa dalla condizionalità che loro pretendono per noi, a una opzionalità per loro di rimanere fuori dalle politiche che non condividono. La Gran Bretagna è andata avanti per lungo tempo in questo modo, consentendo al resto di Europa di integrarsi e di fare passi avanti. È accaduto durante tutto il percorso dell’euro e di consolidamento di politiche su cui non era d’accordo.
E quale sarebbe la convenienza dell’Olanda?
Il fatto che sono rimasti isolati, sono diventati i cattivi d’Europa e la loro convenienza è averne un vantaggio economico, proprio come la Gran Bretagna che aveva i rebate e non partecipava alle politiche comuni. Detta in modo un po’ brusco: loro mantengono rigidità, prendono soldi in cambio e non fanno saltare l’Europa. Per noi il costo dell’opting out è minimo, rispetto alle cifre di cui stiamo parlando, si fa con 3-4 miliardi.
Mi pare di capire che lei pensa: o così o salta tutto.
Sì perché Rutte si è incastrato anche col suo Parlamento, che ha votato un testo chiaro. E parlo dell’Olanda perché gli altri frugali hanno posizioni più sfumate, chiedono controllo in una logica sostenibile. Il problema di Rutte, la sua rigidità, non è solo l’austerità ma il tipo di integrazione europea. Lui vuole una Europa intergovernativa: un’associazione di Stati e non una istituzione comunitaria propria.
Un esito di questo tipo è un fallimento dell’Europa che, allo snodo decisivo, si è mostrata incapace di trovare una posizione comune.
Se consentono all’Olanda di far saltare tutto è gravissimo anche per la democrazia europea. Non può essere che il 7 per cento dell’Europa fa saltare tutto. A quel punto si porrebbe un problema democratico e non solo economico.
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