Recovery Fund, i paesi frugali aprono all’accordo: nuova proposta da 390 miliardi per gli aiuti
Le schede
Chi sono i Paesi frugali: cosa vogliono e perché si chiamano così
«Frugali» ora forti di fronte a Germania e Francia
E mentre Rutte nega frattura all’interno del patto tra paesi frugali, Kurz mostra la soddisfazione per un vertice europeo che gli appare come trionfale per i paesi del fronte del Nord: «Eravamo in quattro e ora siamo in cinque, unirci è stata sicuramente la decisione migliore» perché, davanti a Paesi come «Germania e Francia, i più piccoli da soli non avrebbero peso», ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz dopo la nottata di trattative al vertice Ue. Il cancelliere fa riferimento ai sempre più fitti rapporti del fronte dei «frugali» con la premier finlandese Marin negli incontri riservati della 4 giorni a Bruxelles. La Finlandia si è di fatto unita a Olanda, Austria, Svezia e Danimarca nella gestione delle trattative sul Recovery Fund. «Se crei un gruppo e combatti per gli interessi comuni, puoi spingerti molto in là e sono molto felice che il gruppo dei frugali sia cresciuto perché non avremmo mai potuto raggiungere questo risultato da soli», ha aggiunto Kurz.
La discussione su Stato di diritto e fondi
Durante la discussione plenaria il gruppo dei cosiddetti «frugali» si era irrigidito anche sul legame tra Stato di diritto e fondi, al punto da venire accusato di voler far naufragare il vertice e di tentare di scaricare su altri la responsabilità. Il presidente francese Macron ha paragonato l’atteggiamento a quello tenuto dal britannico David Cameron durante i negoziati per il bilancio Ue, ricordando l’esito negativo di quell’approccio sfociato nella Brexit.
L’incubo di un’Europa «debole»
Il terzo giorno di negoziato del Consiglio europeo straordinario, convocato dal presidente Charles Michel per trovare un accordo sul pacchetto anticrisi Recovery Fund e sul bilancio Ue 2021-2027, è stato caratterizzato da incontri bilaterali e mini-summit, nel tentativo di superare l’empasse dei due giorni precedenti. Il presidente Michel, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Macron hanno tentato la mediazione. Durante la plenaria posticipata per l’intera giornata, poi coincisa con la cena, Michel ha ammonito i leader: «Attraverso uno strappo presenteremo il volto di un’Europa debole». Allora il premier olandese Rutte si è mostrato costruttivo: accordo «possibile», anche se «ci sono ancora grandi questioni». Tutta tattica. Le discussioni sono proseguite nella notte.
Sul tavolo delle decisioni ci sono oltre 1.800 miliardi, di cui 750 del Recovery Fund. Un intervento eccezionale per una situazione eccezionale, la più grave crisi economica dalla Grande Depressione. E a ricordarlo ci ha pensato la presidente della Bce, Christine Lagarde, che ha invitato i leader Ue a chiudere un accordo «ambizioso in termini di dimensioni e composizione del piano, anche se ci vuole più tempo». La sintesi l’ha fatta il premier del Lussemburgo Bettel che ha detto di avere visto «raramente» un Consiglio con posizioni «diametralmente opposte» come questo.
Per due giorni i leader Ue sono stati ostaggio del premier olandese Rutte e degli altri Paesi nordici, il primo determinato a chiedere la possibilità di veto sull’approvazione dei piani nazionali di riforma che devono essere presentati dai governi per accedere ai fondi, i secondi concentrati sul tagliare la quota di trasferimenti a fondo perduto e aumentare gli sconti a loro favore sul bilancio. Oltre a questi due temi, la terza giornata ha tentato di sciogliere il nodo del legame tra i fondi e il rispetto dello Stato di diritto, contestato da Ungheria e Polonia. Il premier ungherese Orbán ha attaccato Rutte: «Non so per quale motivo personale il premier olandese odi me o l’Ungheria».
L’Olanda e il controllo sulle riforme degli altri paesi
Il nodo più difficile da sciogliere fin dall’inizio del vertice è la richiesta di controllo da parte dell’Olanda sulle politiche di riforma dei Paesi Ue. Un’intrusione inaccettabile per Italia e Spagna, i due principali beneficiari dei sussidi. Per venire incontro a Rutte il presidente Michel aveva proposto il meccanismo del «freno di emergenza», già previsto in altri casi dal processo decisionale dell’Ue, da applicare nella fase di attuazione dei piani. Ma meccanismo rischiava di trasformarsi in un veto. Le delegazioni italiana e olandese, con i tecnici della Commissione, si sono confrontate a lungo.
Il «freno di emergenza» e la trattativa Italia-Olanda
Nella formula finale i piani nazionali verrebbero esaminati e votati dall’Ecofin (i 27 ministri finanziari) a maggioranza e non all’unanimità come chiedeva Rutte ma sembrerebbe restare ancora da decidere il meccanismo del «freno» che chiama in causa il Consiglio europeo. La soluzione che va bene all’Italia è che l’ultima parola sugli esborsi ce l’abbia la Commissione anche dopo che è stato coinvolto il Consiglio.
Nella notte si susseguono i mini-vertici. Alla riunione dei Paesi nordici è seguita quella del gruppo di Vigrád con i premier di Slovenia e Lettonia. Una maratona notturna nel tentativo di sbloccare l’intesa.
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