Recovery Fund, quanti soldi entreranno davvero nelle casse italiane

di Federico Fubini

A volte i confronti fra Europa e Stati Uniti possono essere brutali. Venerdì Steven Mnuchin, segretario al Tesoro americano, ha detto che l’amministrazione è disposta a cancellare prestiti pubblici alle piccole imprese per 518 miliardi di dollari (452 miliardi di euro). Con una firma, Washington varerebbe così più sussidi di quanti sia riuscita a organizzare l’Unione europea dopo cinque mesi di lavoro e dopo il vertice dei capi di Stato e di governo più lungo della storia. La parte dei trasferimenti diretti nel Recovery Fund sarebbe infatti di 390 miliardi di euro, benché al momento in cui il Corriere è andato in stampa non c’era ancora accordo fra leader europei sull’ultima proposta di compromesso.

I fondi per l’Italia: il punto sulle risorse
Il confronto con gli Stati Uniti
La svolta

Il confronto fra Washington e Bruxelles però non sarebbe corretto: gli Stati Uniti sono una federazione da quasi due secoli e mezzo, mentre questa è la prima volta che l’Unione europea costruisce uno strumento di bilancio comune, finanziato attraverso l’emissione di debito comune e rimborsabile con «risorse proprie» di Bruxelles: entrate da definire della Commissione Ue, la quale ne risponderà all’Europarlamento. Nel Recovery Fund in discussione ieri sera si trovavano 390 miliardi di euro trasferimenti diretti e una cifra fra 310 e 360 miliardi di prestiti da rimborsare fra il 2026 e il 2056. I tempi lunghissimi e i tassi bassissimi dei prestiti rendono anche questi, in parte, di fatto dei trasferimenti diretti. Per quanto amaro lascino ai negoziatori gli ultimi giorni di scontri su dettagli spesso vitali, farebbero tutti male a dimenticare che questo pacchetto è rivoluzionario. Sempre che la messa in opera non affondi in una palude di accuse incrociate fra governi.

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