Smart working, passaporto speciale per lavorare in paradiso
di ALESSANDRO BELARDETTI
E’ esplosa la caccia al nuovo oro: gli smart workers. Diversi Paesi nel mondo offrono lunghe residenze, vantaggi fiscali e locazioni da sogno a lavoratori in proprio o dipendenti che dimostrino di poter essere produttivi anche lontano dalla sede della propria azienda (e soddisfino certi requisiti economici). Esiste poi una declinazione degli smart workers, quella dei nomadi digitali, che anziché lavorare da casa scelgono di spostarsi nel mondo, cambiando Stato o continente a seconda dei desideri o delle necessità. L’emergenza Coronavirus ha accelerato la tendenza verso il lavoro da remoto, facendo schizzare anche l’offerta per chi vuole viaggiare e stare connesso, magari in un paradiso delle vacanze. Spesso questi soggetti chiedono un visto turistico per soggiornare nel nuovo Paese, ma in teoria non potrebbero lavorare: così alcuni governi hanno trovato una soluzione.
Una proposta allettante arriva dalle Barbados, dove per sopperire alla mancanza di turisti la premier Mia Amor Mottley ha scommesso sullo smart working, aprendo il Paese a chiunque abbia intenzione di trasferirsi per un anno sull’isola e lavorare da remoto. Magari sorseggiando un cocktail esotico rilassando i piedi su una spiaggia candida. “Non avete bisogno di stare in Europa, negli Stati Uniti o in America latina se potete venire qui per un po’. Potete andare e tornare”, ha spiegato Mottley presentando il programma Barbados Welcome Stamp.
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