La proposta di Rao per uscire dalla crisi: “Stato imprenditore e un moderno Iri per un nuovo umanesimo industriale”

Giuseppe Rao

Giuseppe Rao, consigliere/dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Imagoeconomica

Giuseppe Rao, allievo e collaboratore del costituzionalista Paolo Barile, è consigliere/dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dal 2007 al 2015 ha lavorato presso l’Ambasciata d’Italia in Cina. Negli anni 1996-1998 ha coadiuvato il Ministro Antonio Maccanico nella stesura delle leggi che hanno liberalizzato le telecomunicazioni. È autore del libro La tristizia degli uomini e dei tempi. Vita, pensiero e opere di Federico Cammeo, Edizioni di Comunità 2019. Le opinioni qui pubblicate sono espresse a titolo personale.

La visione: qual è l’identità, qual è il posto dell’Italia nel mondo

Tutto ciò a maggior ragione all’indomani dell’accordo per il recovery plan che affida al nostro Paese fondi significativi, richiedendo però capacità di progetto e di spesa in tempi rapidi e in modo concreto ed efficace – come sembra aver raccomandato il Presidente Mattarella al capo dell’esecutivo Conte.

L’Italia è diventata la quinta/sesta potenza del pianeta grazie al disegno lungimirante dei Padri costituenti, che negli artt. 41-42-43 hanno definito un modello di economia mista trainato dalla programmazione economica – con il progetto per il Mezzogiorno che aveva portato Napoli a diventare il terzo polo industriale –, e quindi dagli agglomerati economici di Stato (IRI ed ENI) e dalle imprese private.

Nel libro Storia dell’IRI, Pierluigi Ciocca confuta l’assioma secondo il quale il privato è sinonimo di efficienza e il pubblico di sperpero. E il tema dei fallimenti del mercato è stato oggetto di studi importanti (per tutti, Mariana Mazzucato).

Nel mondo multilaterale vincono i Paesi in grado di contribuire ai processi di innovazione tecnologica (AI, big data, robotica, IoT, machine learning, nanotecnologie, biotecnologie, medicina personalizzata, chimica farmaceutica ecc.) e al trasferimento ai settori tradizionali – logistica, trasporti, automotive, spazio, tlc, meccanica, farmaceutica), al Green Deal e alla trasformazione della logistica (anche in funzione del commercio elettronico).

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