Lampedusa, gli arrivi tra turisti e tamponi: «Troppi sbarchi, così rischiamo il caos»

di Fulvio Fiano, inviato a Lampedusa

«Ci sono due positivi, bisogna isolare chi era nella stanza…». «Ci sono le dottoresse…». «E servono 50 tamponi…». Questo dialogo tra gli operatori dell’hotspot di contrada Imbriacola viene interrotto da una telefonata: «Ne arrivano undici alla Madonnina…». Dietro i cancelli del centro di accoglienza di Lampedusa, pensato per 192 ospiti e arrivato a contenerne quasi mille, ci sono materassi a terra, abiti ad asciugare sugli alberi, un via vai di personale coinvolto a vario titolo nella logistica e nelle operazioni di identificazione e smistamento dei migranti. Tra i bancali con le bottiglie d’acqua e le camionette di esercito e polizia, si fa largo il furgoncino di un panificio.

L’ennesimo sbarco

Il personale della Azienda sanitaria provinciale di Palermo, due uomini e due donne, ha il suo campo base in un’auto col portabagagli aperto, per metà al sole cocente, così da avere un punto di appoggio dove compilare moduli, aggiornare liste, redigere bollettini. L’ennesimo sbarco riavvia la procedura che questi giorni non si è mai fermata. Un furgone scende al porto, pochi minuti di strada dall’entroterra, dove la guardia costiera che ha intercettato il barchino fa scendere i giovani tunisini. Presa la temperatura, vengono avviati all’hotspot. Una veloce routine che passa inosservata sul porticciolo. Poi comincia un’altra trafila per ricollocarli nei Cara siciliani. Sette barchini, con un totale di 45 tunisini, sono stati bloccati dalla Guardia di Finanza all’alba. Tre sono riusciti ad arrivare sulla terraferma. Nel pomeriggio altri tre sbarchi in 20 minuti, 66 persone totali, di cui 26 approdate sull’arenile dell’Isola dei Conigli, la spiaggia più rinomata di Lampedusa, tra i turisti increduli che facevano il bagno nelle acque cristalline.

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