Dai conti alle Bahamas all’eredità in Svizzera. Affari della (buona) famiglia di Fontana
Sempre nel segno della riservatezza. Che è una sua caratteristica insieme a stile e aplomb quasi british, quando nel Carroccio bossiano furoreggiavano i Boso e i Borghezio, circondati da militanti con l’elmo cornuto ma anche nella Lega salviniana, tutta selfie e ospitate al Papeete di Milano Marittima. Il look oxfordiano, la parlantina da avvocato e l’assoluta fedeltà alla linea sono decisivi nel portarlo a correre per la poltrona di sindaco a Varese nel 2006. Fontana, nel momento in cui arriva a guidare la città-giardino, diventa simbolo della buona borghesia conservatrice varesina. Quella che fino all’arrivo del tornado Bossi ha votato quasi compatta per la Democrazia cristiana, qui molto più che in altre zone del Nord identificata con la voce di Comunione e Liberazione, il movimento fondato da don Giussani che dei rapporti fra religione, politica ed economia ha fatto sempre la sua delizia (ma anche la sua croce). E che poi si è innamorata del Senatùr, senza mai digerirne fino in fondo abitudini folkloristiche e linguaggio ruvido. Prima della sbandata leghista non si conoscono le opinioni politiche di Fontana. Qualcuno dice liberale, qualcuno parla di un cuore un po’ più a destra, lui ama dire di aver ricevuto un “cazziatone” dal padre, lui sì liberale doc, per una copia dell’Unità lasciata sui sedili posteriori dell’auto. “Era la prima volta che la compravo – ricordò –. E fu solo per curiosità”.
Diploma al liceo classico Cairoli, la scuola che più di tutte ha formato la classe dirigente in città; studio da avvocato in pieno centro (difende le Camicie verdi della Lega finite sotto processo a Verona e l’ex presidente lumbàrd della Provincia di Varese Massimo Ferrario, accusato di peculato) e parcelle adeguate alla tenacia che dimostra nelle aule dei tribunali. Eletto governatore resta comunque attaccatissimo alle radici varesine. Per dire, mai abbandonerà la sua villa di Velate, fra i rioni più chic della città giardino, che ospitò anche il buen retiro del pittore comunista Renato Guttuso.
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