Salvini a processo. La giustizia segna di nuovo l’agenda politica

di BRUNO VESPA

L’eliminazione dell’avversario politico per via giudiziaria fa parte da trent’anni di una consolidata tradizione italiana. Tangentopoli azzerò in pochi mesi tutti i partiti che avevano governato l’Italia per cinquant’anni, con la sola esclusione di quel che restava del Pci. Berlusconi è ininterrottamente sotto processo dal ’94 ed è stato espulso dal Senato nel 2003 con una sentenza che fa tuttora discutere. Il potere di Renzi fu intaccato dalle inchieste sul padre e – impropriamente – su Banca Etruria. Ed eccoci a Salvini. Le intercettazioni del caso Palamara dimostrano apertamente l’orientamento di alcuni magistrati…

Le intercettazioni del caso Palamara dimostrano l’orientamento di alcuni magistrati di farsi braccio armato di quella solida frazione politica (sempre la stessa) che a ogni costo vuole impedire il ritorno della destra al potere, considerato sconveniente per l’ordine democratico, al di là della volontà degli elettori.

L’ennesima capriola di Renzi (contro il processo in commissione, a favore in aula) non deve stupire. Sia per il carattere, come dire?, movimentista della persona, sia perché essendo il processo a Salvini un puro affare politico, le condizioni politiche sono mutate: quattro presidenze di commissioni parlamentari valgono bene una messa, direbbe Enrico di Navarra che si convertì al cattolicesimo pur di conquistare Parigi. Così il capo della Lega subirà due processi per aver fermato due navi di migranti come ministro dell’Interno.

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