Siamo il Paese che spende di più: ma qual è la strategia?
Con la vecchia lira sarebbe stato impossibile, questo ormai lo hanno capito (quasi) tutti. Pur con questo privilegio esorbitante di cui gode l’Italia, vale comunque la pena di guardarsi un attimo indietro e intorno. Perché non tutto il debito è uguale e non tutti si comportano in modo uguale con esso. Per esempio fra il Duemila e il 2010 l’Italia ha accumulato tre euro di debito pubblico o privato in più per ogni euro di reddito lordo creato (a valori nominali). In sostanza abbiamo utilizzato malissimo risorse che neppure avevamo, bruciandole senza adottare tecnologie nuove né allagare le basi produttive a sufficienza. Sappiamo com’è andata a finire. Ma adesso come andrà? L’unica risposta certa, per ora, è che nessuno sembra porsi la domanda; la strategia oltre i prossimi tre mesi appare un concetto esotico. È ancora tutto un tamponare falle, necessario ma un po’ caotico, indirizzando risorse pubbliche alle imprese o alle famiglie al più presto e senza un disegno.
Una riprova: in Europa stiamo battendo tutti. Con l’ultima
«manovrina» il deficit del 2020 sembra avviato oltre il 12% del Prodotto
lordo — uguagliando il record del crepuscolo della Prima Repubblica — e
non c’è un altro Paese dell’area euro che faccia altrettanto. Eppure
non avevamo il disavanzo più alto l’anno scorso, il che significa
probabilmente che stiamo spendendo più di tutti.
Con
quale efficacia? Serviranno di nuovo tre euro di debito per produrne
uno solo di reddito? Ma soprattutto: qualcuno si sta ponendo la domanda
di come massimizzare il rendimento per gli italiani di ogni euro speso
dal governo? Per esempio, continuano a mancare figure di elevata
competenza tecnica in tutti i ministeri fondamentali (e si vede). Ma si
parla troppo poco di assumerne. Invece iniziano a emergere i tipici
comportamenti opportunistici da spesa facile, fra cui l’ormai celebre 30% di imprese che hanno usato la cassa integrazione Covid senza subire cali di fatturato (e
probabilmente facendo lavorare gli addetti in nero). Quello è un
trasferimento improduttivo di risorse dai contribuenti e dai dipendenti
agli imprenditori, che ora un limitato prelievo sulle imprese
beneficiarie non scoraggia abbastanza. Confindustria — dopo le critiche
al governo — potrebbe pur dire qualcosa in proposito.
Ci sono poi un altro paio di questioni che si stanno aprendo nell’apparente indifferenza di quasi tutta la classe politica. La prima è che dovremo pur scrivere un bilancio per il 2021. A questo punto dell’anno di solito la discussione pubblica si concentra sugli obiettivi, gli strumenti e i saldi, perché a settembre deve emergere un quadro chiaro. Invece il bilancio per il 2021 sembra appartenere a un’altra era: nessuno ha idea di dove sarà il deficit (quanto sopra il 6% del Prodotto?), nessuno sa dire per fare cosa. Nessuno sa quante delle decisioni straordinarie di spesa di quest’anno sono permanenti e si trascineranno sul prossimo.
Il che fa sorgere un’altra domanda: come fa quest’estate la struttura di missione sotto la guida del presidente del Consiglio a scrivere il Recovery Plan nazionale — deve iniziare subito, altrimenti non farà in tempo — se manca un quadro di bilancio per il 2021?
Infine l’ultima incognita, ma non per importanza. Dai silenzi e dagli indizi seminati qua e là è ormai chiaro che esiste uno scarto fra ciò che il mercato e i politici italiani si aspettano dalla Banca centrale europea e ciò che quest’ultima, oggi, si aspetta da se stessa. Citi, la banca americana, prevede un’aggiunta di altri 200 miliardi di euro di interventi straordinari in settembre e poi altri 200 in dicembre. Jp Morgan, altra grande banca internazionale, ne prevede altri 600 in dicembre. Il governo italiano sta spendendo come se il programma straordinario d’acquisti per la pandemia fosse per sempre, o almeno fosse sufficiente per tutto il 2021. Invece tutto quel che emerge fa pensare che il vertice della Bce si sia diviso anche solo per l’aggiunta di 600 miliardi di acquisti — fino a metà 2021 — decisa il 4 giugno scorso. Non c’è oggi a Francoforte l’idea di proseguire in quel programma legato alla pandemia, con interventi fuori proporzione a favore dell’Italia, oltre quanto già stabilito. E quanto già stabilito non basta a garantire a questo governo, o al prossimo, che il pasto sarà per sempre gratis. Dopo l’abbuffata, rischiamo di svegliarci con un gran mal di testa.
CORRIERE.IT
Pages: 1 2