Liguria, l’isola Gallinara venduta a un ricco ucraino per oltre 10 milioni
Aerei e cinesi
Nato
a Zaporizhia, città industriale dell’Ucraina, dove ha sede la più
grande centrale nucleare d’Europa, con ogni probabilità (i dati
anagrafici coincidono anche se talvolta è indicato come Alexander) è il
figlio (unico) di Vyacheslav Boguslayev
politico e industriale di lungo corso. Il padre, 82 anni, guida da
molto tempo in Ucraina uno dei più grandi produttori mondiali di motori per aerei, missili ed elicotteri, la Motor Sich,
storica fornitrice dell’aviazione russa, finita al centro di un caso
diplomatico internazionale da quando nel 2017 la cinese Skyrizon
Aviation ne rilevò il 41% del capitale per poi arrivare alla
maggioranza. Gli Usa sono insorti, un tribunale ucraino ha congelato le
azioni cinesi e lo scorso marzo l’ennesimo ricorso della Skyrizon è
stato respinto. Ma è proprio con l’investimento di Pechino che
probabilmente i manager azionisti, tra cui i Boguslayev, hanno fatto
cassa. Al nuovo padrone della Gallinara fanno capo una serie di altre
società immobiliari in Costa Azzurra.
Rifugio di santi e papi
Inaccessibile
ai turisti, la forma di una testuggine, questa scheggia di Liguria in
mezzo al mare, alta fino a 87 metri, lunga 470, larga 450, è stata
rifugio di santi (Martino di Tours nel quarto secolo dopo Cristo) e di
papi (Alessandro III in fuga da Federico Barbarossa nel 1162). Da allora
la Gallinara passò sotto la diretta protezione del Vaticano e
divenne sede di una potentissima abbazia benedettina che tra l’ VIII e
il XIV secolo ebbe possedimenti fino in Catalogna e Provenza. L’isola,
un tempo lontano popolata da galline selvatiche come scrivevano Catone e
Varrone («Gallinaria»), fu poi concessa in uso a famiglie e vescovi di
Albenga, il territorio comunale di cui oggi fa parte. Finché a metà ‘800
fu «privatizzata». La comprò il banchiere di Imperia Leonardo Gastaldi, un tipo sobrio che da subito si autoproclamò «Signore dell’Isola».
Quando arrivò la Wehrmacht
Nella seconda guerra mondiale si insediò un battaglione della Wehrmacht e nel ventre dell’isola i nazisti scavarono gallerie per stivare armi ed esplosivi. Appena finita la Guerra, nel 1947, a 100 metri dalla Gallinara, avvenne una delle più gravi tragedie del mare italiane: la motonave Annamaria carica
di bambini milanesi dai 4 ai 13 anni in gita all’isola, colpì un
ostacolo e affondò rapidamente, portandosi sott’acqua 44 vite. Quando ad
acquistare la «tartaruga» fu nel 1960 l’industriale genovese Riccardo
Diana, arrivarono acqua ed elettricità e l’unico approdo tra le rocce si
trasformò in un porticciolo. Così Diana potè costruire una splendida
villa in cima all’isola con piscina e terrazze sul Tirreno.
Il condominio
A fine anni ‘70 la proprietà passò di mano per la penultima volta: venne rilevata da un gruppo di famiglie liguri e piemontesi. Tra essi gli Stroppiana di Cuneo proprietari della Mondo, 220 milioni di fatturato, l’azienda che ha fatto le piste di atletica nelle ultime 11 edizioni dei Giochi Olimpici. Oppure i Mogna della Probiotical di
Novara e altri imprenditori locali dalle alterne fortune. Del vecchio
monastero edificato in epoca longobarda dai monaci di San Colombano non
rimane più nulla tranne, da quel che si racconta, il muro a secco
innalzato per proteggere il camposanto dove riposano da secoli gli
antichi abati. Da Villa Diana sono state poi ricavate le proprietà immobiliari suddivise tra i nove padroni dell’isola.
Boguslayev si fa avanti
Le regole del parco marino, i cavi elettrici e le tubature dell’acqua tranciati dai pescherecci, il divieto d’accesso, l’annegamento nel porticciolo del custode-eremita (unico residente fisso nell’isola dopo secoli), i sigilli alle abitazioni posti (e poi tolti) anni fa dalla Procura di Savona, la privacy e i turisti che premono: tutti fatti e circostanze che hanno reso difficile la gestione di questo piccolo paradiso e conflittuale il rapporto della proprietà con le autorità e con gli enti territoriali. E poi i bilanci sempre in rosso, i debiti consistenti, anche con l’erario, i problemi economici di qualche socio… La vendita era matura. Boguslayev ha intavolato trattative che già a maggio erano a buon punto. Poi ha incaricato un giovane avvocato di Nizza, Yannick Le Maux, e un legale di Torino, Alberto Cortassa, di concludere. E il 17 luglio l’affare si è chiuso. Ora Boguslayev potrà idealmente piantare la bandiera ucraina (o grenadiana) sulla cima dell’isola-tartaruga.
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