Coronavirus, Miozzo (Cts): “E’ necessario far tornare i medici nelle scuole”

di CORRADO ZUNINO

Agostino Miozzo, lei è un medico italiano che ha visto in Etiopia i frutti del Live Aid 1985, ha coordinato la cooperazione nazionale nel mondo e quella europea. Dopo terremoti e alluvioni e guerre, alla fine di gennaio del 2020 la Protezione civile l’ha catapultata nel cuore del Covid. Impreparato come tutti?
“Impreparato come tutti. Come tutto il mondo, Organizzazione mondiale della sanità in testa. Il cigno nero delle emergenze, la più grande urgenza della storia dell’umanità, ci è arrivato addosso che eravamo nudi. Nei convegni parlavamo da decine di anni di pandemia, in Italia abbiamo fatto una teoria di esercitazioni su un possibile contagio da virus. Niente, con il primo caso di corona accertato, i due cinesi nel Grand Hotel Palatino di Roma, siamo ripartiti da zero. Non esisteva una pianificazione”.

Avete avuto, anche voi medici e sapienti del Comitato tecnico scientifico, momenti di panico?
“Settimane di panico. Non c’erano dati, informazioni storiche, indagini trasversali. Abbiamo dovuto imparare errore dopo errore. I guanti? Sembravano necessari, poi abbiamo scoperto che erano un veicolo di contagio. Le mascherine? Proteggono chi le porta, proteggono il prossimo? L’abbiamo capito guardando alla Cina, cercando l’esperimento in Francia, chiedendo informazioni all’Imperial College di Londra e al Cdc di Atlanta, che vagavano nel vuoto esattamente come noi”.

I presidenti di istituto superiore, gli esperti plurigraduati, hanno iniziato a correre.
“Sì, e non erano abituati a farlo. Scienziati che della ponderazione avevano fatto una regola di vita, si sono trovati in una sala di Protezione civile, con diciotto ministri e un premier, a dover indicare in due ore che strada prendere per combattere un virus che stava contagiando seimila persone al giorno”.

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