Coronavirus, il governo sfida le Regioni su movida e falò: «dovete vietarli»
Feste e balli
Finora soltanto la Calabria ha emesso un’ordinanza per chiudere le discoteche. Le altre Regioni si sono limitate a richiamare le regole già esistenti, ma con formule che il governo giudica insufficienti. E soprattutto non hanno imposto divieti per tutti quegli eventi tipici del ferragosto, come i falò in spiaggia e le feste. E se lo hanno fatto alcuni sindaci, l’effetto ottenuto è che a pochi chilometri di distanza ci sono aree completamente libere e altre interdette. Una situazione paradossale, perché in questo modo si aumenta il rischio che le persone si concentrino dove non ci sono divieti. Per convincere i governatori che una stretta è necessaria — come sta scritto nel Dpcm che mantiene la chiusura delle discoteche fino a settembre a livello nazionale — il governo batterà proprio su questo, ricordando come gli allentamenti e le deroghe alla linea nazionale siano consentiti soltanto assumendosi le responsabilità in caso di risalita della curva epidemica.
Mascherine all’aperto
Una delle misure allo studio – peraltro già adottata in alcune zone d’Italia – è l’obbligo della mascherina all’aperto. Gli esperti sono consapevoli che uscire con naso e bocca coperti quando fa molto caldo può diventare pesante, ma si tratta di un provvedimento che potrebbe diventare necessario nei luoghi della movida dove è pressoché impossibile rispettare il distanziamento.
Piazze chiuse
L’alternativa è chiudere le strade e le piazze del divertimento, o quantomeno contingentare gli accessi per limitare il numero delle presenze e diminuire il rischio di contagio. In alcune zone delle località di vacanze e nelle città d’arte — Roma prima di tutte — sono state montate le transenne e i vigili regolano o impediscono l’ingresso. L’alternativa è il coprifuoco serale, ritenuto però gravemente dannoso dai gestori dei ristoranti e degli altri locali che solo da poche settimane hanno potuto riaprire e adesso cercano di far ripartire l’attività.
Le elezioni
Per comprendere quanto alto sia il timore per la circolazione del virus basta leggere il decreto sulle elezioni del 20 e 21 settembre: dovrà essere il cittadino — e non il presidente di seggio — a inserire la scheda nell’urna in modo da limitare contatti. Per chi vota negli ospedali Covid lo scrutinio sarà effettuato direttamente nel nosocomio e chi è in isolamento potrà votare da casa.
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