Draghi e la distinzione tra debito «buono e cattivo»: un messaggio al governo

di Dario Di Vico

Draghi e la distinzione tra debito «buono e cattivo»: un messaggio al governo

Dicono i politologi che la forza di una leadership si misura dalla capacità di generare lessico. E c’è da scommetterci che dopo il famosissimo «whatever it takes» del 2012 anche l’abbinata (polemica) coniata ieri da Mario Draghi sul «debito buono» contrapposto al «debito cattivo» avrà fortuna. La sentiremo ripetere tante volte nei commenti degli osservatori, nelle dichiarazioni dei politici e persino nei concitati talk show della sera. Ma al di là della capacità di produrre innovazione nel discorso pubblico, Draghi ieri ha fatto centro direttamente in politica. Arrivato al Palacongressi osservando minuziosamente tutti i protocolli di sicurezza, l’ex presidente della Bce ha fatto una scelta precisa. Avrebbe potuto tenere una fredda lectio magistralis sui mutamenti dell’economia mondiale post Covid e sulle tendenze di aggiustamento della globalizzazione e invece ha preferito parlare dell’Italia di quest’agosto 2020. Un’Italia attanagliata dall’incertezza e quindi non in grado di far partire una vera ripresa degli investimenti e dei consumi. Quello che aumenta è solo il risparmio delle famiglie: hanno paura e mettono da parte, nella zona euro in un anno è salito dal 13 al 17%. Per ridurre l’incertezza ci vogliono diverse cose e Draghi le ha ricordate una dietro l’altra: un programma che non sia legato all’emergenza, una visione etica di lungo periodo, una proposta di società che includa i giovani e, non ultima, una leadership capace di cucinare tutto ciò.

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