Draghi e la distinzione tra debito «buono e cattivo»: un messaggio al governo

A proposito del governo in carica Draghi è stato attento a non emettere alcun giudizio formale ma è anche vero che non ha concesso niente all’esecutivo, non ha battezzato nessuno dei tanti provvedimenti presi in questi mesi e si è limitato a dire che è stata una scelta corretta affidarsi a «un pragmatismo che meglio rispondesse alle mutate condizioni». Rileggendo a mente fredda il suo discorso, già alla decima riga troviamo che Draghi inchioda il governo Conte e la parola-martello questa volta è «sussidi».

Servono a sopravvivere, ha detto, ma un giorno o l’altro finiranno e ai giovani invece noi dobbiamo dare di più. E il motivo non è solo quello di una solidarietà intergenerazionale ma «poiché saranno loro a dover ripagare il debito che stiamo creando, è nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo». Altrimenti noi e loro saremo travolti dal debito cattivo sperperato a fini improduttivi e non utilizzato invece per investire in istruzione, ricerca e infrastrutture. Del resto i grandi leader del passato — come Alcide De Gasperi — sono stati quelli capaci di iniziare una riflessione sul futuro ben prima che la guerra finisse. Per il governo giallorosso non c’è dunque neanche l’alibi dei due tempi: il futuro si progetta in corsa, non aspettando che sia arrivato il vaccino.

Un Draghi così vibrante è piaciuto moltissimo ai leader di Comunione e liberazione. E infatti Giorgio Vittadini gongola: «È un risorsa, non spetta a me dire come usarla, ma so che abbiamo un Ronaldo e non possiamo lasciarlo in panchina». L’organizzatore del Meeting racconta di aver fatto la corte a Draghi per tre anni pur di averlo a Rimini e di non aver invitato il premier Giuseppe Conte solo «perché preferiamo non avere nella stessa edizione due personaggi di assoluto rilievo istituzionale». Il favore di oggi nei confronti dell’ex presidente della Bce passa sopra vecchie divisioni tra il retroterra ciellino e la finanza laica («il nemico oggi è il nichilismo») perché i temi del momento sono la difesa del capitale umano e la capacità di rischiare. L’ex banchiere europeo, dunque, come perfetto contraltare di Conte? «Non so se il premier è contro il rischio ma condivido tutto ciò che ha detto Draghi sui pericoli di creare una società sussidiata dal debito cattivo». Vittadini ci tiene a raccontare come nella scelta degli inviti al Meeting non abbia contrapposto il banchiere ai capi di partito. «Crediamo nel Parlamento. Abbiamo invitato tutti i leader e solo Zingaretti non ci sarà perché non poteva». Ma è chiaro che il primo Meeting del tempo della pandemia proseguirà da oggi segnato dal successo di Draghi e dai silenzi tattici del governo.

CORRIERE.IT

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