Toscana, Rossi: “Con la Lega rischiamo di diventare una Toscanina”

di ERNESTO FERRARA e FABIO GALATI

Nessuno mai è stato per così tanto tempo al governo della Toscana in ruoli così importanti. Ed è una cosa straordinaria che il figlio di un bracciante come sono io abbia potuto arrivare a tanto. Spero possa capitare ancora in futuro. Quanto a me, non credo di aver sbagliato nulla. È giusto che qualcuno la pensi diversamente ma io rivendico di aver fatto tutto al meglio possibile, col massimo dell’impegno. Ho un rammarico: essere uscito dal Pd, quella scelta si è rivelata un grande errore”. Tra un mese si chiude il mandato di Enrico Rossi. Dieci anni da assessore alla sanità e altri 10 da governatore. E questo è il suo bilancio politico e amministrativo di una stagione.

Presidente Rossi, di cosa va più fiero tra le cose fatte in questi anni?
“I toscani hanno il palato fino, se non funzioni sono selettivi, ti mandano a casa. Se non ci fosse stata una qualche capacità di funzionamento del governo regionale avrebbero provveduto. Il nostro capolavoro maggiore è stata l’attrazione degli investimenti. Ci siamo collocati al primo posto in Italia ed eravamo tra gli ultimi. Dalla farmaceutica alla meccanica, dal turismo alla moda alla ricerca siamo riusciti a fare un grande lavoro”.

Qual è il rimpianto più grande?
“Il rammarico più grosso è essere uscito dal Pd senza dare battaglia dentro. Mi ero illuso che si potesse dar vita ad una forza di sinistra di governo fuori. Scelta sbagliata. Oggi io battaglio dentro, nel Pd. Ritengo che questo partito debba dare il via ad un processo di rigenerazione e cambiare anche le proprie regole. Deve essere un partito di elettori ma anche di militanti”.

Zingaretti ha invitato a difendere il “modello toscano”. E in fondo anche il candidato del Pd Giani lo sta facendo. Aveva iniziato criticando la sanità, ora ne va fiero…
“Il mio consiglio è stare su una linea di continuità e di rinnovamento. Il giudizio che viene dato sulla mia giunta dai toscani è positivo per il 61%. Consegno a chi verrà dopo di me una Toscana con la stessa forza di come l’ho presa, forse di più. Capisco che bisogna cambiare stile, passo e anche contenuti. Ma la cosa sulla quale mi permetto di dire la mia è non abbandonare le cifre della qualità e della solidarietà. Sono due bussole orientative. Perfino contraddittorie, sembra un ossimoro. Ma la nostra forza è tenerle insieme. Se la sinistra governa da tento tempo questa regione è perché è riuscita a salvare queste due invarianti strutturali della Toscana”.

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