Lo strapotere esercitato dai sindacati della scuola


  La verità è che in una situazione sanitaria che muta di settimana in settimana, nella quale la parola decisiva non può che essere riconosciuta ai medici e agli epidemiologi, e in cui una vera e massima sicurezza potrebbe essere assicurata verosimilmente solo da misure (spazi, distanziamenti, controlli medici, aumento rilevantissimo dei mezzi di trasporto, ecc,) di fatto assolutamente inattuabili in tempi brevi, in una situazione del genere non sembrano esserci alternative: o si decide semplicemente di chiudere le scuole o si accetta un certo inevitabile coefficiente di rischio insieme a una serie di disagi e di incognite più o meno gravi (la didattica a distanza ad esempio). Ma davvero non mi pare che dovrebbero esserci dubbi di fronte all’ alternativa drammatica della perdita di un intero anno scolastico.

Che in cambio dell’impegno in una situazione così difficile il mondo della scuola chieda allo Stato un riconoscimento economico è più che ammissibile. Ma che invece si colga qualsiasi pretesto per opporsi a tutto, così come stanno facendo i sindacati, è la conferma della linea che essi perseguono ormai da decenni. Una linea distruttiva ispirata al più gretto corporativismo, indifferente a ogni reale tematica educativa e pedagogica, interessata come suo massimo obiettivo a escludere lo strumento del concorso per l’ingresso nei ruoli, una linea che all’accertamento del merito non cessa di preferire l’appiattimento egualitario delle retribuzioni. Il tutto per conservare ad ogni costo, come ha detto il ministro Azzolina, il proprio potere d’interdizione e di consentire a chi dirige quegli stessi sindacati di continuare a sentirsi i padroni della scuola.

CORRIERE.IT

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