Rientro a scuola, l’incognita degli insegnanti: allarme in Veneto e Campania

Il ricorso allo smart working – come si è già fatto durante la Maturità per alcuni casi isolati di commissari a rischio – appare impraticabile: chi terrebbe i ragazzi in classe mentre il docente è collegato da casa? «E’ scorretto alludere a una disaffezione per il proprio lavoro dei docenti – dice la segretaria della Cisl Scuola Maddalena Gissi -. La condizione di salute del lavoratore va tutelata. Ma il punto è come. Un professore di italiano e filosofia del liceo che ha un tumore si potrebbe pensare di farlo lavorare solo per piccoli gruppi, raddoppiando la distanza fra la cattedra e i banchi, oppure dirottarlo sulla programmazione della didattica a distanza». Di diverso avviso Pino Turi della Uil: «Non vedo altra soluzione che tenere i lavoratori fragili a casa mettendoli in aspettativa». Nel protocollo sulla sicurezza firmato dai sindacati fa si rinviava a un approfondimento che non è stato ancora fatto. Anche i «provveditori» sono senza indicazioni su cosa fare: «Mancano due passaggi fondamentali – dice Giuseppe Bonelli, dirigente dell’ufficio territoriale di Brescia -: la definizione di quali patologie rientrino nella categoria dei lavoratori fragili e la procedura per la loro messa in sicurezza». Il Miur si è limitato a diramare un comunicato in cui spiega che «sono in corso specifici approfondimenti» ma nel frattempo invita «ad evitare allarmismi».

Le cattedre vuote

Lavoratori fragili o no, il 2020 sarà un anno record per le supplenze che potrebbero raggiungere la cifra record di 250 mila. A luglio la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato di essere riuscita a strappare al Mef 85 mila assunzioni. Non dei prof in più, ma sostituzioni di colleghi andati in pensione. Due giorni fa si sono concluse le operazioni per l’assegnazione delle cattedre e, secondo i sindacati, appena il 30 per cento sarebbe andato a buon fine. Il ministero non dà i dati finché non sarà finita anche la seconda fase di assegnazioni, quella dei precari che decidono di trasferirsi in regioni dove ci sono dei buchi, cioè principalmente al Nord, pur di avere il contratto a tempo indeterminato. Finora, però, come segnalato dal presidente dell’Associazione dei presidi Antonello Giannelli, l’emergenza Covid si è mossa in senso contrario: decine di dirigenti neo assunti in Lombardia, Veneto, Piemonte, Trentino o Emilia Romagna, temendo di ripiombare nell’incubo di nuovi lockdown, hanno deciso di tornare al Sud come docenti.

CORRIERE.IT

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