Il canto del cigno degli anticasta
Barba e capelli in Parlamento erano un tempo gratis, adesso (giustamente) si pagano come dal barbiere e forse qualcosa in più. Il caffè alla buvette costa quanto al bar e il ristorante della Camera vale una buona mensa aziendale, cui del resto molto somiglia nei prezzi e nel menù. Le poche auto blu se le litigano una massa di “peones”. Abolite (era ora) le agendine che per Natale venivano stampate a spese di Pantalone e regalate a pacchi. Spariti (evviva) quei tesserini che permettevano agli “ex” di viaggiare gratis, vita natural durante, su treni e autostrade: un privilegio riservato ai soli parlamentari in carica. Altrimenti come farebbe a pagarsi i viaggi Matteo Salvini, che scorrazza continuamente su e giù per l’Italia? Eliminata perfino l’indennità funeraria da 2500 euro (ma veniva concessa “una tantum” e per richiederla non c’era la fila).
Otto anni fa ai partiti è stato tolto il finanziamento pubblico. Per coprire i costi della democrazia, lo Stato attualmente concede 2 per mille che, come il sigaro toscano e il titolo di Cavaliere (lo sosteneva Cavour), non viene negato a nessuno. La politica è talmente in bolletta che pochi milioni di un Maduro qualsiasi, per dire, potrebbero bastare a comprarsela tutta, e non solo una parte rilevante. Chi rappresenta il popolo è sceso giù dal piedistallo. Nella furia iconoclasta sono state travolte perfino conquiste di civiltà giuridica. Per i liberali autentici, ad esempio, l’immunità difende non la persona bensì l’istituzione che incarna; fa scudo non al politico ma a chi lo elegge, specie in un mondo dove la giustizia viene purtroppo usata per far fuori gli avversari scomodi. Ma pure il poco che resta dell’antica immunità è finito nel tritacarne, con grande soddisfazione del populismo giustizialista. Che il 21 settembre sembra destinato a conquistare l’ultimo storico traguardo: il taglio netto della rappresentanza, considerata alla stregua di un costo da abbattere.
Dopodiché non rimarrà più nulla. L’osso del risentimento sarà completamente spolpato. E per molti anti-Casta già si annuncia lo stesso travaglio degli anti-berlusconiani che, quando il Cav finì ai margini, un po’ festeggiarono e un po’ lo rivolevano indietro per non restare a girarsi i pollici. La guerra contro i privilegi, in futuro, sarà costretta a darsi nuovi bersagli. Anziché inferire sul fantasma della politica, invece di prendersela con le anime morte sedute in Parlamento, dovrà combattere le vere caste che imperversano indisturbate: dagli squali della finanza ai padroni del vapore, dalle lobby affaristiche alle combriccole di potere, dai super-burocrati alle toghe intrallazzone. E sarà tutta un’altra storia.
L’HUFFPOST
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