I nuovi traguardi europei

Comandi. Le regole decisionali Ue sono troppe, in molti settori vige ancora l’unanimità. Il Parlamento non conta quanto dovrebbe. Occorre estendere il voto a maggioranza qualificata e coinvolgere maggiormente i rappresentanti eletti dei cittadini europei. Attenzione però: ci sono diversi tipi di maggioranza qualificata, non tutti rispettano i principi democratici. Le decisioni sui deficit di bilancio (i famosi «numeretti») seguono ad esempio regole maggioritarie che privilegiano i Paesi del Nord: un sistema che va cambiato, insieme all’intero Patto di stabilità. Le competenze della Ue potrebbero inoltre essere rafforzate in alcuni campi cruciali. La sovranità fiscale non può reggere senza un po’ di sovranità tributaria, capace di scoraggiare le politiche opportunistiche di alcuni Paesi, soprattutto l’Olanda.

Condivisione. La crisi Covid ha permesso di recuperare quell’ethos di solidarietà pan-europea gravemente eroso nello scorso decennio. Senza disponibilità all’aiuto reciproco in caso di avversità non può esserci comunità politica. Nelle unioni federali (come gli Usa o la Svizzera) si è arrivati a centralizzare sia la redistribuzione territoriale sia i principali schemi di assicurazione sociale. La Ue dovrebbe imitare le unioni federali almeno nella tutela della disoccupazione. Abbiamo un mercato e una moneta comuni, che generano molti vantaggi, ma anche alcuni rischi economici (e occupazionali) asimmetrici fra Paesi. Negli Usa e in Svizzera l’assicurazione contro la disoccupazione è co-gestita dai singoli stati/cantoni insieme al centro federale. Esistono già proposte concrete per realizzare un sistema simile anche nella Ue. I cittadini europei hanno aspettative molto elevate sul terreno del welfare. Il sostegno all’integrazione dipende pertanto in modo cruciale dal ruolo che la Ue saprà svolgere anche su questo fronte, mostrando un volto amico e protettivo.

Secondo la famosa «teoria della bicicletta», l’Europa sta in piedi solo se resta sempre in movimento. Il Covid ci ha costretto a un rush quasi spasmodico. Ora possiamo rallentare un po’, ma sarebbe un grave errore fermarci solo per «chiacchierare» in libertà. La Conferenza sul futuro ha un senso solo se saprà spronarci a pedalare verso nuove mete. Per realizzare quella «unione sempre più stretta» in cui ci siamo impegnati sin dal Trattato di Roma, nel lontano 1957.

CORRIERE.IT

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