Chi prende in giro il Terzo settore? Le ipocrisie e i falsi alleati

di Ferruccio de Bortoli

A parole sono tutti d’accordo. Il capitale sociale italiano è la polizza assicurativa del Paese e il volontariato la spina dorsale della cittadinanza. Il Bene però ha due nemici: il conformismo e l’ipocrisia. E, dunque, troppi falsi alleati. Nel momento in cui Buone Notizie, dopo la pausa estiva, riprende il suo percorso, vorremmo rivolgere al governo e alla maggioranza che lo sostiene una semplice domanda. «Il futuro del Terzo Settore è tra le vostre priorità o lo state soltanto prendendo in giro con false promesse e pacche sulle spalle?». Chiediamo scusa per la brutalità del quesito ma spesso la sintesi estrema è indispensabile alla chiarezza.

Riassumiamo quello che è successo in questi mesi. La pandemia ha aperto una ferita profonda nella società, rivelato i limiti dell’assistenza pubblica e privata, mostrato la fragilità fisica e sociale delle persone più anziane, allargato l’area della povertà materiale ed educativa. Lo sforzo delle istituzioni è stato rilevante, l’insieme degli aiuti predisposti dal governo ingente – e speriamo efficace – ha interessato anche le tante associazioni del privato sociale. Ma senza l’aiuto del Terzo Settore e del volontariato le sofferenze umane sarebbero state superiori, le solitudini personali maggiormente dolorose, il costo economico ancora più devastante.

L’autunno è alle porte. La preoccupazione, per la diffusione del virus e per le sue pesanti ricadute economiche, cresce ogni giorno che passa. L’universo delle organizzazioni di volontariato è impegnato su più fronti. Molte associazioni affrontano una crisi di donazioni, indebolite dalla recessione e dalla comprensibile convergenza dei finanziamenti su ospedali e ricerca, eppure non riducono il livello del loro servizio. Si fanno in quattro. Il welfare non è solo sanità. È fatto anche di altre cure, sostegni, vicinanze, affetti. Un insieme di gesti solidali che finora ha contributo a garantire un accettabile livello di coesione. Un cuscino sociale, chiamiamolo così, a disposizione della parte più debole del Paese, degli invisibili, dei dimenticati.

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