Elezioni, Maroni: «Se vinciamo le Regionali si va al voto in primavera. Quando Salvini mi salvò dal cerchio magico di Bossi»
Partiamo dal primo.
«Le
Regioni pareggiano 3 a 3 e al referendum vincono i Sì. La maggioranza e
il governo si stabilizzano e si va al voto nel 2023: il Sì richiede una
nuova legge elettorale che difficilmente potrebbe arrivare prima di
primavera. Poi, a luglio scatta il semestre bianco. E il nuovo
presidente cosa dovrebbe fare? Sciogliere il Parlamento che lo ha appena
eletto? Non credo proprio. Questo scenario, tra l’altro, ha una
prospettiva molto interessante».
Quale?
«Se qualcuno volesse
costruire un’offerta politica di centro o moderata, sarebbe il momento
per farlo. C’è un po’ di tempo davanti, fino al 2023. Utile anche per
raccogliere lo spirito di Berlusconi. Ci sarà il proporzionale che offre
spazio a offerte politiche inedite anche con soglia di sbarramento.
Anzi, questa forza potrebbe anche essere decisiva».
Immagina anche un leader?
«Più
che un leader servirebbe una squadra che sappia intercettare il
consenso dei tanti che stentano a riconoscersi nelle offerte più
orientate a destra o a sinistra. Leader non potrebbero essere figure
come Calenda o Renzi o Toti, che sono comunque targati. Ma quest’area io
credo avrebbe uno spazio ben superiore alla somma aritmetica dei
sostenitori di Calenda o Renzi o Toti».
Quale è lo scenario meno favorevole al governo?
«Il
centrodestra vince nettamente le elezioni e i No vincono il referendum.
Nessun bisogno di nuova legge elettorale, battaglia tra Pd e un M5S
uscito a pezzi dal No al taglio dei parlamentari. In quel caso, sì: le
elezioni potrebbero essere possibili anche a primavera. Ma questi sono
soltanto gli scenari estremi. Gli altri, li vedremo».
Voterà No al referendum?
«Niente affatto. Voterò Sì».
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