Usa, vaccino pronto entro fine ottobre: speranza concreta o mossa politica?

Gli avversari di Trump ovviamente sospettano un’operazione politica anche perché durante la convention del partito repubblicano lo scenario di una diffusione del vaccino in tempi brevi era stato evocato più volte dallo stesso presidente e anche dalla figlia Ivanka che dal palco dell’evento aveva rimarcato con forza che il farmaco che sconfiggerà il Covid 19 «arriverà molto, ma molto presto». Fauci nega, però, che gli scienziati possano prendere una decisione così importante e delicata sulla base di pressioni politiche: «Noi — aggiunge —, avremo l’obbligo morale di cominciare a distribuire il vaccino appena possibile, se ci convinceremo che funziona» e non è nocivo. La lettera della CDC è stata firmata dal direttore dell’istituto, Robert Redfield, anche lui finito più volte nel mirino del presidente. Va, comunque, notato che un invito a prepararsi a distribuire il vaccino non significa necessariamente che l’operazione partirà davvero a fine ottobre.

Proprio lanciando, mesi fa, Operation Warp Speed con l’obiettivo di distribuire 300 milioni di dosi di vaccino negli Stati Uniti entro gennaio 2021, il governo si è accorto che, oltre a quelle mediche, industriali e logistiche, vanno superate anche difficoltà e vischiosità burocratiche e regolamentari. Ora la CDC invita tutte le amministrazioni locali a rimuovere questi ostacoli entro le prossime settimane e a organizzare strutture logistiche che, se il vaccino arriverà davvero, non potranno essere improvvisate. Il governo ha già chiesto alle industrie di cominciare a produrre i vaccini prima del completamento dei test, assumendosi il rischio finanziario di eventuali fallimenti nelle sperimentazioni. Ma, una volta approvati e prodotti, questi vaccini dovranno essere distribuiti, conservati e somministrati in base alle priorità fissate dall’agenzia federale nella sua lettera: prima il personale sanitario, poi gli altri lavoratori dei servizi essenziali, quindi ospiti e personale delle case di riposo per anziani e agli addetti ai servizi di sicurezza, infine il resto della popolazione.

Muoversi in anticipo sul piano organizzativo è senz’altro opportuno, visto che, in un Paese nel quale le strutture sanitarie pubbliche sono molto esili, bisognerà organizzare lo stoccaggio dei vaccini a temperature bassissime e per periodi lunghi: probabilmente, infatti, a ogni cittadino verranno somministrate almeno due dosi, a distanza di diverse settimane una dall’altra. Certo, sul piano politico ogni sospetto che l’accelerazione serva a mandare anche un messaggio agli elettori è lecito: fin qui, nonostante la retorica trionfalistica del presidente, la gestione governativa della pandemia è stata disastrosa secondo i critici più severi, assai lacunosa secondo i commentatori più moderati. Col coronavirus che ha ripreso a diffondersi in estate (solo ieri gli Usa hanno registrato 1.067 morti di Covid-19 compresi i primi tra i reduci del raduno motociclistico di Sturgis) e l’emergere di nuovi focolai (in Iowa addirittura il 30 per cento dei pazienti sottoposti a test è risultata ieri positiva al coronavirus), Trump ha abbandonato ogni strategia di contenimento via lockdown: ora ripone tutte le sue speranze nel vaccino, visto che anche le cure da lui propagandate, dall’idrossiclorochina al plasma, sono risultate inefficaci.

È, quindi, verosimile che ci sia pressione per un «avanti tutta»sui vaccini. E un leader che punta molto sulla comunicazione ed è abituato a dare una sua personalissima interpretazione della realtà sarà sicuramente tentato di fare un annuncio in stile mission accomplished prima del voto.

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