Una spericolata crisi di nervi
Come ogni tragedia che si rispetti nel Movimento 5 stelle, finisce tutto in farsa. Della cinquantina di deputati che hanno firmato l’emendamento per lo stop al rinnovo dei vertici dei Servizi segreti non ce n’è uno che si sia sfilato dal voto di fiducia imposto dal Governo. Anche la prima firmataria, Federica Dieni, che martedì prometteva fuoco e fiamme, rientra nei ranghi e vota sì, sottilenando “l’amarezza” per come è stata trattata “un’iniziativa che non era contro il Governo. In 28 non partecipano al voto, tra assenze e malattie solo alcuni in polemica, come Vittoria Baldino, che rimarca la “scelta infelice” del ricorso alla fiducia, ma assicura: “Conte non è in discussione”. Faccenda chiusa? Tutt’altro.
Il Movimento è sull’orlo di una crisi di nervi, gli strascichi sono pesantissimi. Una parte del gruppo continua a vedere lo zampino di Luigi Di Maio dietro l’operazione, zampino che l’interessato nega energicamente, con Giuseppe Conte che di buon mattino dirama una nota per smentire frizioni con il ministro degli Esteri. I due si sono telefonati e, raccontano gli entourage, pienamente chiariti. Ma i veleni non smettono di scorrere, i miasmi salgono dalle riunioni carbonare in Parlamento e nei suoi dintorni. “Hanno visto tutti che le firme erano di deputati delle più disparate Commissioni – commenta un deputato – c’era una regia dall’alto”. Di Di Maio? “E di chi se no?”. Cosimo Adelizzi è pronto a giurare il contrario: “Luigi non c’entra nulla, nessuno lo ha sentito su questa vicenda”.
E allora? Con le ore prende quota una versione differente. Che porta in direzione dei sottosegretari Angelo Tofalo e Carlo Sibilia. Sarebbero stati loro, a detta di molti, a essere tra i più attivi nel raggranellare firme che la Dieni aveva presentato con le migliori intenzioni, normale proposta di modifica prerogativa di un parlamentare che se ne vede approvare (poche) e bocciare (tante) quotidianamente.
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