Il lockdown che continua dentro di noi
di MICHELE BRAMBILLA
Durante i giorni più bui del lockdown ci siamo ripetuti tante volte, anche per farci coraggio, che dopo le grandi crisi segue sempre la fase della ricostruzione. Abbiamo ricordato la grande reazione popolare, il gran darsi da fare del nostro dopoguerra; e abbiamo, insomma, previsto che la difficoltà ci avrebbe resi più forti, più reattivi. In buona parte, questa reazione c’è già stata. Penso ai tanti imprenditori, soprattutto ai piccoli, che hanno avuto la forza di reinventarsi. Penso soprattutto al commovente impegno di tutti gli operatori della sanità. Ma per altri versi, mi chiedo se questi giorni bui non ci abbiano anche – sempre in buona parte – fiaccati, sfiduciati.
Si chiamava “Sdraiati“ un libro scritto sette anni fa da Michele Serra e dedicato ai nostri ragazzi così a lungo stesi sul divano: e al silenzio, all’assenza di noi genitori. Ecco, penso ai ragazzi che con il lockdown hanno visto interrompersi un ritmo, una routine se volete, che era però la loro vita quotidiana. Si parla tanto della scuola d’obbligo e dei danni subìti dai bambini nel non andare a scuola; ma non si parla abbastanza degli universitari. All’università non si va tutti i giorni, ma le lezioni, i colloqui con i professori, gli scambi degli appunti, i giri nelle librerie degli atenei, ecco, tutto questo è venuto a mancare, tutto questo è stato sostituito da gelide lezioni online, perfino le lauree hanno perso la loro sacralità e la loro giocosità. E sono venuti a mancare, anzi a sparire, pure gli stage, con i quali i neolaureati entravano in contatto con il mondo del lavoro. Tanti, tantissimi ragazzi stanno così ancor di più sul divano; in tanti, ancora oggi, hanno vissuto e vivono tutto questo come il crollo di un ponte che li conduceva nel futuro.
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