Il M5S alla resa dei conti. Tutto pronto per la scissione
Non da oggi è iniziata la diaspora in casa Cinque Stelle. Gli ultimi addii sono quelli di Paolo Lattanzio e Piera Aiello, preceduti dalle fuoriuscite verso la Lega di Alessandra Riccardi, Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro, e da quelle di Paola Nugnes e Gelsomina Vono verso Leu e Italia Viva. Senza dimenticarsi, infine, degli espulsi illustri: Nicola Acunzo, Mario Giarrusso e soprattutto Gianluigi Paragone, che ha creato la sua Italexit.
Il M5s è spaccato in due: c’è chi guarda verso il centrosinistra – come suggerito dallo stesso Beppe Grillo – e chi guarda al centrodestra. Non a caso nel giro di due anni i grillini sono stati capaci di formare due governi, prima con la Lega di Matteo Salvini e poi con il Partito Democratico di Nicola Zingaretti. Trasformismo giolittiano allo stato puro.
Il nodo Grillo-Casaleggio
Se scissione sarà, non è detto che però avvenga unicamente per motivi strettamente politici. Spieghiamo: da tempo si è ingrossata la fila di parlamentari 5s stufa delle ingerenze di Casaleggio e della sua piattaforma Rousseau (gestita dalla Casaleggio Associati), teatro delle piroette grilline. L’ultima l’addio al vincolo dei due mandati e il sì alle alleanze locali con altri partiti, contro la volontà dello stesso Casaleggio.Scoppia la rivolta nel M5S “Siamo stufi di Casaleggio” Davide Casaleggio, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di mollare la presa e, anzi, pensa di prendere in contropiede gli eletti con un vero e proprio blitz: proporre una votazione su Rousseau per chiedere agli iscritti di scegliere tra un M5s collegiale o guidato da un capo politico. Un’idea che ha ovviamente inviperito decine di parlamentari: in trenta, infatti, avrebbero già fatto sapere al figlio di Gianroberto di essere pronti ad abbandonare la nave qualora proponesse agli iscritti di scegliere tra un direttorio o un nuovo ed unico leader.
L’anima “grillina” e l’anima “casaleggiana” non sono più conciliabili. Da un lato Grillo ha spinto per avvicinare il M5s al Partito Democratico e vorrebbe che l’alleanza giallorossa diventi definitiva; dall’altro Davide Casaleggio – che ha dovuto digerire la giravolta sui mandati e le alleanze – è invece contrario all’asse politico con i dem. Un braccio di ferro che potrebbe portare alla rottura e alla scissione definitiva di un partito ormai sull’orlo di una crisi di nervi.
La riunione segreta dei big
Martedì sera alcuni alti papaveri del partito si sarebbero incontrati in gran segreto al ministero della Giustizia. Via Arenula, infatti, secondo un’indiscrezione dell’Adnkronos, avrebbe ospitato la riunione dei big per discutere della leadership e dell’affaire Casaleggio. Al summit, secondo Adnkronos, erano presenti il padrone di casa Alfonso Bonafede, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il reggente Vito Crimi, Stefano Buffagni, Davide Crippa, Riccardo Fraccaro e Stefano Patuanelli. Assente alla riunione, invece, Alessandro Di Battista, che rimane ancora molto vicino a Davide Casaleggio.
Nel frattempo, in mattinata, Luigi Di Maio è tornato a parlare invocando la necessità, per il M5s, di avere una “leadership forte”. Il messaggio a Vito Crimi, forte e chiaro, è stato il seguente: “A livello parlamentare si è aperto un dibattito. Il sostegno a Vito Crimi è totale, questa non è una critica alla sua persona, ma è arrivato il momento di darsi una leadership legittimata, votata e in grado di affrontare le sfide del governo della settima potenza mondiale”. Una stoccata con la “s” maiuscola.
IL GIORNALE
Pages: 1 2