Riparare un Paese fragile
di Gian Antonio Stella
«È necessario riparare la terra», spiega papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale per la cura del Creato. Parla a tutti, certo. Ma pare parlare soprattutto a noi, al nostro Paese, alla nostra terra. Flagellata anche nelle ultime settimane da una serie di nubifragi così rabbiosi da ricordare quello fiorentino del 1288 descritto da Dante nel Purgatorio: «Indi la valle, come ’l dì fu spento, / Da Pratomagno al gran giogo coperse / Di nebbia, e ’l ciel di sopra fece intento / Sì, che ’l pregno aere in acqua si converse: / La pioggia cadde, e ai fossati venne …»
Certo, la natura può essere violentissima. Se azzanna non si ferma davanti a due bambine abbracciate sotto una tenda da campeggio. L’unica differenza col passato, dicono, è che un tempo quelle che chiamiamo con pigra ripetitività «bombe d’acqua» sembravano meno frequenti e meno diffuse sul territorio. I cambiamenti epocali dovuti anche alle scelleratezze dell’uomo, però, sono sotto gli occhi di tutti. Meglio: gli occhi di chi vuol vedere. E resta comunque, pesante, la responsabilità di chi ha aggravato le condizioni di un territorio bellissimo ma fragile. Basti dire, a proposito di quei rovesci d’acqua, che l’ultimo report Ispra denuncia che nell’ultimo anno sono nati 420 mila bambini e il suolo coperto da cemento e asfalto è avanzato di altri 57 milioni di metri quadri: 135 per ogni neonato.
«I Comuni italiani con località a rischio frane e alluvioni sono 7.275, il 91,1% del totale», riassumono Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi, già responsabili della struttura di missione di Palazzo Chigi «italiasicura» (liquidata come «inutile») nel saggio in uscita Storia d’Italia e delle catastrofi. Numeri da brivido: 620.808 eventi più o meno disastrosi su 750.000 circa registrati in tutta Europa. Una superficie «in frana» pari a un quinto del Paese. Rischio-colata su 188.565 tesori culturali sparsi sul territorio. E 4,8 milioni di italiani che «vivono in aree allagabili con 1.351.578 edifici, 596.254 strutture industriali». Per non dire delle scuole («oltre 24 mila (37%) in aree a elevato rischio sismico, circa 6.250 (9,6%) a forte rischio idrogeologico», dati Ance) e degli ospedali: quelli in situazioni esposte ai disastri sono 2.369. Il 41%.
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