Covid, positivo ma asintomatico? Vietato lavorare anche con lo smart working
di CLAUDIA MARIN
Positivi, ma asintomatici? Niente smart working. Neanche se si sta bene e si può farlo in isolamento da casa. La prescrizione, che equipara la positività al Coronavirus alla malattia sempre e comunque, prevista dai decreti e dalle circolari del lockdown, rischia di rivelarsi un vero boomerang in queste settimane di ripresa del contagio. I costi personali (anche retributivi) e professionali per i singoli, quelli delle aziende e quelli dell’economia italiana e delle casse dell’Inps, derivanti da una norma di questa natura possono essere esponenziali in vista della seconda ondata autunnale di contagi. E così da più parti si punta l’indice contro una regola da Stato iper-assistenzialista e si sollecita una sua revisione o una sua interpretazione più elastica.
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Va in questa direzione la proposta di Anna Maria Parente, presidente della commissione sanità del Senato, ma anche responsabile lavoro e welfare di Italia Viva: “È una questione su cui riflettere proprio una vista dell’autunno. La quarantena è stata finora equiparata alla malattia perché il diritto alla salute è preminente in caso di epidemia. Ma noi legislatori dobbiamo trovare sempre un equilibrio tra diritto al lavoro e diritto alla salute, entrambi costituzionalmente previsti. E allora una soluzione potrebbe essere che, previa autorizzazione del medico, si possa consentire il lavoro da remoto per chi è positivo ma non sviluppa sintomi. Auspico su questo un percorso di confronto tra le parti sociali, rappresentati dei datori di lavori e lavoratori”.
Covid, positivo ma asintomatico? Vietato lavorare anche con lo smart working
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